il titolo suca raccolgo pezzi per costruire una storia. non importa che essi siano pezzi di film, della mia vita, di canzoni, del mio cuore, della parte di mondo che ho vissuto o di quella che vivrò, tutti questi pezzi messi insieme formano un preciso e illogico filo conduttore di pensieri lucidamente disconnessi. Millantati scrittori che s’impegnano a trovare paroloni per poi sbagliare i tempi verbali o cercano sul dizionario il sinonimo più figo, io infilo un “*****” ogni due righe tanto per essere me stesso: tutti poeti sui social network, drogati nullafacenti nella vita reale…preferisco vomitare la mia rabbia, il mio amore e il mio odio senza alcun freno e senza pretese continuando a fare il mio lavoro che, tra l’altro, mi riesce meglio che scrivere…fortunatamente non ho bisogno di mettere due frasi fighe in riga per conquistare una sbarba. Farò in modo che nella disperazione tutti riescano a chiedersi cosa ***** ho da sorridere così tanto mentre il nostro verme continua a scavarci dall’interno. Farò in modo che le stelle strizzino l’occhio al mio passaggio per la rovente luce che emano, soffocando la puzza di benzina con uno dei tuoi incensi che, profumando la mia scia, bruciano lentamente il nostro passato. Farò in modo di scrivere pagine con mille colori su quaderni in formato tascabile e la copertina azzurro cielo, per poi nasconderli facilmente a chi scriverà solo un post-it in neretto mentre i nostri capitoli di farfalle colorate si perdono tra le pagine bianche. Farò in modo di guidare gli eventi senza farmi trasportare dalla marea mentre inciampiamo su strascichi di una sottopagata eternità a progetto in tempi di crisi. Farò in modo di ricordare quei baci nascosti per il retrogusto amaro del mio whiskey e della tua vodka misti alla nicotina, cancellando l’idea di una nostra improbabile carriera. M’innamorerò del Maalox il sabato pomeriggio con la musica che picchia ancora in testa. M’innamorerò anche della pioggia che batte sulle finestre mentre leggo un libro sorseggiando whiskey. M’innamorerò del sesso casuale…Dio, ma come ***** ti chiamavi?! M’innamorerò anche dell’inquietudine del mio conto in banca, ogni mese è solo un salto col bungee jumping. M’innamorerò della scimmietta con i piattini che mi salta in testa mentre parlo con una donna. M’innamorerò di questo mondo che gira sempre al contrario. E…giusto per infilarci due citazioni alla ***** di cane: m’abituerò, perchè non fai più male. Ciao, non credo di essere uno scrittore, sono un semplice ubriacone disagiato in carriera.
Noto un'evoluzione, uno spiraglio di positività nell'oscura nebulosa dei tuoi pensieri.... "Farò in modo" lo trovo di grande effetto....stai iniziando ad avere la padronanza degli eventi, non li subisci piú lasciandoti trasportare.... Sei quello che sei e nessuno di noi deve farlo per un'altra persona. La persona che conta più di tutto e tutti siamo noi stessi, se cresci, migliori, guadagni, sei gratificato, sei stanco ma sai che hai dato il massimo, se compri la M6 lo fai per te... /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20" />
a volte mi spaventi cosa combini la sera?!?! ahahaha usata te la tiran dietro /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20" /> colpa del superbollo /emoticons/sad@2x.png 2x" width="20" height="20" /> grande scar /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20" />
grazie Marco /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20" /> comunque le citazioni sono due splendide canzoni di Ligabue, appunto "M'abituerò" e "Non fai più male" grazie mille /emoticons/wink@2x.png 2x" width="20" height="20" /> fino al 06/2001 -> m43, dopo N42...la mia è una delle ultime prodotte con l'M43. la cabrio è uscita mi sa nel 2002, quindi direttamente con l'N42
questo l'ho pubblicato da qualche giorno, non sapevo se pubblicarlo anche qui...è un semplice pensiero sempre in risposta ad un millantato scrittore let’s give a cut (or a fuck?) rimanere incastrati tra le maglie di questo tempo dilatato che non ha riservato alcuna pietà al nostro avvenire è deleterio sia per noi che per le pedine che, timidamente, sono state mosse per spostare le nuvole della tempesta del mio e del tuo domani. …ma sai che c’è? le pedine possono incularsi, io e te potremmo tagliare le maglie che ci tengono sospesi e cadere insieme nell’oblio dell’eternità…verso un “noi” mai detto, verso verbi al plurale mai pronunciati, verso progetti mai immaginati. ‘sta roba l’ho scritta in 2 minuti seduto al cesso fumando una sizza, non mi va nemmeno di rileggerla, tanto continuo ad essere un ***** di ubriacone senza pretese.
dato che sono l'unico, questo è l'ultimo che posto: Today is gonna be the day that they're gonna throw it back to you E’ tanto tempo che non scrivevo sia per mancanza di tempo che per mancanza di privacy perchè si sa, scrivere è come farsi una sega: non puoi provocarti un orgasmo con le tue mani se c’è qualcuno affianco a te…guardacaso gli scrittori produttivi sono depressi che passano la loro non-vita chiusi in camera (ma questo non vuol dire che scrivano necessariamente qualcosa di decente). Tornata la privacy mi riconcilio con i miei pensieri, con le mie paranoie, con i miei progetti e i miei sogni chiusi in un cassetto troppo pieno di cui ho perso la chiave…ridatemi indietro i miei 15 anni, la mia discoteca, le mie droghe sintetiche e il piacere di limonare una/due/tre tipe diverse a sabato. Anche tornare a casa è un tuffo in un passato che non mi è mai appartenuto, toccare terra barese con le dr Martens e provare angoscia e nostalgia di casa (Milano ovviamente) nel momento in cui senti la prima zarra parlare in dialetto…ma Bari non dovrebbe essere casa mia? …dov’è casa mia? ho una casa? mi sentirò mai a casa in un posto? Pensavo che casa mia fosse ovunque il tuo respiro appannasse la finestra dei miei pensieri, impedendomi di vedere il marcio che c’è dentro: ora l’ho distrutta a suon di pugni e ho le mani che sanguinano; ora entra freddo in questa camera e non ho una coperta; ora i miei pensieri sono liberi da qualsiasi forma di offuscamento e vedo tutto il marcio che mi circonda; ora sono da solo a combattere i pescecane con quel che resta di un remo distrutto, ma in fondo lo sono sempre stato; ora gli aculei dell’istrice pungeranno un altro malcapitato mentre il topo sguazzerà in fogne diverse, perchè sempre di fogne si tratta. Gli insani step fatti di quindici giorni al muro delle meraviglie, quindici giorni al muro occidentale…sembra quasi di essere in palestra e passare da un attrezzo all’altro, ma qui non ci sono endorfine. Per ora Gerusalemme mi sembra più confortevole degli Oasis, camminerò nel deserto alla ricerca di un’altro Wonderwall, dissetandomi di Jack Daniels e sperando di non collassare.
"Un uomo camminava per una strada con il suo cane. Si godeva il paesaggio, quando ad un tratto si rese conto di essere morto e che il cane che gli camminava al fianco era morto da anni. Si chiese quindi dove li portava quella strada. Dopo poco giunsero ad un alto muro bianco che sembrava di marmo e che costeggiava la strada fino in cima ad una collina. S'interrompeva davanti ad un alto arco che brillava alla luce del sole. Quando vi fu davanti, vide che l'arco era chiuso da un cancello che sembrava di madreperla e la strada in oro puro. Con il cane s'incamminò verso il cancello; ad un lato c'era un uomo seduto a una scrivania. Arrivato davanti a lui, gli chiese: - Scusi, dove siamo?- - Questo è Il Paradiso, signore, - rispose l'uomo. - - Wow! E non si potrebbe avere un po' d'acqua?- - Certo, signore. Entri pure, dentro ho dell'acqua freschissima....- L'uomo fece un gesto e il cancello si aprì - Non può entrare anche il mio amico? - disse il viaggiatore indicando il suo cane. - Mi spiace, signore, ma gli animali qui non li accettiamo - L'uomo pensò un istante, poi fece dietro front e se ne andò. Dopo un'altra lunga camminata, giunse in cima a un'altra collina in una strada sporca che portava all'ingresso di una fattoria, con un cancello che sembrava non essere mai stato chiuso. Non c'erano recinzioni di sorta. Avvicinandosi all'ingresso, vide un uomo che leggeva un libro seduto contro un albero. - Mi scusi, - chiese - Non avrebbe un po' d'acqua?- - Sì certo. Laggiù c'è una pompa, entri pure- - E per il mio amico qui? - disse lui, indicando il cane. - Vicino alla pompa dovrebbe esserci una ciotola - Attraversarono l'ingresso ed, effettivamente, poco più in là c'era un'antiquata pompa a mano con a fianco una ciotola. Il viaggiatore riempì la ciotola al cane e poi diede una lunga sorsata. Continuarono così finché non furono sazi, poi tornarono dall'uomo seduto all'albero. - Come si chiama questo posto? - chiese il viaggiatore - Questo è il Paradiso...- - Beh, non è chiaro. Laggiù in fondo alla strada uno mi ha detto che quello era il Paradiso- - Ah, vuol dire quel posto con la strada d'oro e la cancellata di madreperla? No, quello è l'Inferno...- - E non vi secca che usino il vostro nome?- - No, ci fa comodo che selezionino quegli imbecilli che per convenienza lasciano perdere i loro migliori amici ....- " non l'ho scritto io... ma merita
"Arriviamo nella zona bar, grande circa quanto casa mia, Teresa mi serve un Talisker, si siede affianco a me, mi sbottona i pantaloni e lo prende in bocca… dopo due minuti rovescio il bicchiere di whiskey sul tappeto e il contenuto delle mie palle nella sua gola."
Era pomeriggio. Il sole non si vedeva più, nascosto da una pesante coperta bianca, che a mala pena si riconosceva la città, a una ventina di minuti dalla sua stanza. Fuori, il tempo era stato cattivo con la natura: piante ed animali non avevano potuto passare un giorno senza nascondersi, per i lampi e per i tuoni, per la pioggia e per il freddo, per le sere umide e gelide, molto più di quanto avevano passato l'anno prima. Dentro, una elegante scrivania in stile moderno, con quattro piedi delicati e sottili, levigati, di un beige finto legno che odorava di civiltà - in mezzo a quella folta schiera di esseri non umani lì vicino - , larga non più di due piedi e lunga forse un metro e mezzo; il mobile se ne stava a ridosso di una parete, sopra un fine tappeto uno di quelli beige, di pelo cortissimo, un po' scolorito per via del tempo e della sedia che sempre ci scorreva sopra, quando erasi al lavoro. La stanza era luminosa di giorno; alle pareti una vernice splendente, grigio metallo o forse, più correttamente, grigio ferro: molti faretti erano posizionati nel soffitto, inglobati dalla stessa civiltà che si manifestava nelle pareti. Una porta alta due metri e stretta neanche uno apriva verso la camera. Questa si trovava al ridosso di una strada, sopra un lago riempito di terra battuta, a trenta chilometri dalla città, che si scorgeva sempre molto bene, anche con quella fitta nebbia che oramai aveva attaccato pure questa regione. Un piccolo cubo di metallo, il piccolo "kubet" lo chiamavano gli abitanti del paese lì vicino, prima che questi si spostassero tutti in un'altra località, per far spazio alla nuova centrale solare, che proprio in quella zona sarebbe nata di lì ad un mese. Un piccolo cubo, con il tetto piatto, formato di mattonelle chiare e le pareti esterne semplicemente bianche. Fuori, alla porta, due belle lampade di luce bianca, di quella che non attira nessun insetto durante la notte: la luce è fredda ed il vetro respinge, grazie ad onde emesse dalla stessa lampada, ogni essere in grado di ascoltare gli ultrasuoni. Un piccolo viale accompagnava alla strada principale, dove era stata ricavata, dallo spazio occupato prima da un modesto ulivo (e neanche tanto grande, se si pensa che stava lì ormai da duecento anni), una area per lasciare uno o due veicoli. L'elettricità la prendevano dalla vicina stazione a carbone, che avrebbe chiuso per fortuna solo un decennio dopo. Quell'ufficio era l'avamposto della H[eich]trae FO D.N.E., prima che diventasse una delle multinazionali più conosciute al mondo, se non la maggiore...
Avevo in mente di rileggere e scrivere qualcosa qui da qualche giorno. Io molto bene, per fortuna molto bene. Tu?
