Il racconto di un percorso impegnativo. Adozione ed affidamento

Vi racconto una storia di affetto e dedizione; un evento che sicuramente ha cambiato la mia vita ed il modo di vedere molte cose:
Non essere genitori ed occuparsi di un minore meno fortunato di tanti suoi coetanei.

E' una scelta importante che deve essere fortemente voluta da entrambi i coniugi. Nel nostro caso, devo essere sincero, era più mia moglie desiderosa di avere un figlio rispetto al sottoscritto. Temevo di non essere in grado di poter far fronte alle esigenze di un bambino con ancor più problemi di un figlio naturale.

Tutto è iniziato una dozzina d'anni fa quando presentammo la domanda di adozione dopo aver perso il nostro.
La prima di tre, tutte andate a termine senza essere stati considerati. Ogni domanda dura tre anni e se non c'è un abbinamento si conclude nel nulla senza alcuna comunicazione. Allo scadere dell'ultima domanda ci siamo resi disponibili per l'affido. Dopo l'ennesima serie di colloqui con i servizi sociali del nostro comune ed un paio d'anni di attesa, a dicembre siamo stati chiamati per una proposta di affidamento.

Ci hanno parlato di una ragazzina di 13 anni: Paola. Abbiamo sostenuto altri colloqui con gli psicologi ed un' ispezione della nostra casa. Ad ogni colloquio ci svelavano qualche dettaglio in più del vissuto di Paola. Un vissuto difficile senza il padre, morto prima della nascita, con una madre limitata e facilmente plagiabile ed una gemellina invalida al 100%.

Il confinamento in comunità è stato deciso per probabili molestie alla sorella invalida da parte del convivente della madre, uomo già colpevole in passato di reati di cui ho vergogna a scrivere. Se ne sono accorti a scuola ed hanno immediatamente prelevato le ragazzine dalla classe e la madre da casa. Le hanno portate tutte e tre in una comunità dispersa in cima ai monti. Il provvedimento di affido di Paola è stato deliberato dal tribunale dei minori, dopo un mese in quanto la madre ha scelto di lasciare la comunità per tornare da quel gentiluomo, preferendolo di fatto alle figlie.

Le due sorelle hanno trascorso due anni nella comunità finché un giorno siamo arrivati a fare visita a Paola. L'incontro è stato preparato con cura dai servizi, in modo tale da non farle capire che noi potevamo essere genitori affidatari. Ci hanno presentato come nuovi educatori per un corso di abilità manuali (origami ed altri lavoretti per bambini)

Tutte le tensioni che avevo accumulato nel tempo si sono sciolte non appena varcata la soglia di quella comunità. Dopo qualche ora di giochi, Paola ha chiesto all'educatrice se non potevamo restare li a mangiare. E' stato un buon segnale. Sono seguiti altri incontri finché i servizi sociali non hanno ritenuto che l'abbinamento era possibile. E' venuta a stare con noi a Pasqua di quest'anno. Dopo qualche giorno di innaturali comportamenti sdolcinati e virtuosi, sono iniziate dure settimane di chiusura in se stessa e di atteggiamenti sfidanti. Ora piano piano le cose stanno migliorando e forse sta trovando quella serenità e spensieratezza che è giusto che abbia alla sua età. Una vita normale da ragazzina tredicenne. Ora sta a noi fare il possibile per offrirle il meglio…

 

Noi ce la stiamo mettendo tutta. La difficoltà di diventare improvvisamente genitori di una preadolescente senza aver fatto un'esperienza con la crescita da zero c'è ma stiamo facendo il possibile per limitare gli errori.

L'aspetto disarmante è che i miglioramenti maturati nel corso di un mese vengono vanificati nel momento in cui la portiamo all'incontro con la madre ed ancor peggio col resto della parentela. Il giudice ha stabilito che il convivente non la deve ne incontrare ne sentire. Eppure è capitato in almeno un paio di occasioni che il losco ci sia riuscito.

La madre e gli altri parenti la fanno sentire in colpa per il fatto di essere presso un altra famiglia e di non farsi carico della sorella invalida!

Questa esperienza mi sta facendo prendere atto anche di quanta gente assurda esista!

 

Grazie tutti per quanto avete scritto.

Non ti nascondo che man mano che passavano gli anni dalla prima domanda fatta nel lontano 99 pensavo proprio a questo. Arriveremo prossimi ad un'età per la quale non ci daranno più un bimbo piccolo.

Quando poi entri in quelle comunità ti si stringe il cuore. Sono piccole galere, per carità ben tenuti con tutti i comfort e le attenzioni necessarie, ma sempre reclusi e subordinati a regole rigide sono. Ti guardano con occhi di speranza mentre passi tra loro per andare a parlare con il personale di turno. Quelli più grandicelli a volte neanche ti guardano perchè hanno perso anche la speranza. Per certi versi maturano molto più in fretta rispetto a chi vive nella propria famiglia. Li senti parlare di avvocati, giudici, sentenze etc etc.

Quando ci hanno parlato di una tredicenne ho avuto conferma delle mie preoccupazioni. Non abbiamo ovviamente fatto commenti con l'assistente sociale. Ora a fatto compiuto posso dire che va bene cosi. C'è ancora molto su cui lavorare per trasmetterle affetto e valori.

E' già accaduto e puntualmente l'ho segnalato ai servizi sociali.

Proprio per evitare possibili contatti da chi non deve ci hanno proibito di comprarle un cellulare (cosa che la manda su tutte le furie)