Ogni persona che siede a quel banchetto non rappresenta solo dei cittadini, rappresenta posti di lavoro, favori, lobby, ecc.
Non ho detto che è ininfluente, ho dettoi che tutti rappresentano qualche interesse. Se Bersani è uomo Coop, io di certo non lo voto.:wink:
996GT3, capisco bene il tuo punto di vista: non vuoi votare per chi presumi farà una politica contraria ai tuoi interessi questo lo capisco
Certo che è così. Visto che non c'è un partito che incarna i miei ideali in toto, il voto lo do a chi non mi vede come un nemico. Io non vedo nessuno come nemico, sono convinto che la cooperazione tra tutti gli italiani possa portare solo a risultati positivi. Visto tuttavia che ci sono alcuni che non la pensano a questo modo, se permetti l'altra guancia non la porgo.
è vero che chi ha le capacità deve avere il diritto di guadagnare...ma un famiglia non può campare con 800 euro al mese, e la sinistra è qui che deve lottare, mica nei salotti buoni della finanza... e quando sarà garantito a tutti un livello di esistenza dignitoso, allora magari ci si potrà impegnare a far guadagnare di più chi già campa piuttosto bene...dato che è evidente come la ricchezza di pochi non stia affatto generando il benessere dei molti...
A parte che non è signorile fare i conti in tasca alla gente, ma se uno guadagna bene io sono strafelice per lui. La differenza è che la sinistra non è felice se qualcuno ha delle gratificazioni economiche, ma medita vendetta. Con queste premesse non si va da nessuna parte. Troviamo il modo di guadagnare tutti di più livellandoci verso l'alto e non verso il basso.
senz'altro c'è una sinistra invidiosa, ma c'è pure, ne converrai, una sinistra che davvero aspira ad una società ove tutti abbiano di che vivere con agiatezza... la domanda che però sorge spontanea è questa: vorranno i veri ricchi (e qui non intendo il medico o il notaio, ma i ricchi ricchi) rinunciare ad una parte dei loro profitti affinchè tutti stiano meglio?.. faccio un esempio: un'azienda italiana distribuisce ai suoi azionisti il 10% di profitto (dico così un numero a caso) gli azionisti di controllo si accorgono però che l'azienda è meno competitiva di altre a causa dei costi del lavoro che in Italia sono alti cosa faranno, abbasseranno i prezzi dei loro prodotti per ritornare competitivi, accontentandosi di un profitto dell' 8%, o delocalizzeranno in un paese dove i lavoratori sono pagati un dollaro al mese e non hanno diritti sindacali?
O i lavoratori italiani lavoreranno di più per pareggiare i conti con altre realtà aziendali ? Penso che in un'azienda si cerchi di puntare sempre al massimo del profitto, altrimenti ragionamento per ragionamento, accontentarsi per accontentarsi, si arriverebbe a chiudere baracca per fallimento. Ovvio che subentra un'etica anche economica; se l'azienda non sa trovare un buon equilibrio tra lavoro dei dipendenti e profitti, e non sa gestire queste due cose e scade (perchè si scade, moralmente parlando) nello sfruttamento della manodopera a basso costo, allora non sarà stata un'azienda corretta. Mettere l'etica in economia, se fosse possibile, sarebbe il mio sogno.
infatti sono d'accordo, giammai gli azionisti si accontenteranno di un profitto minore per garantire un salario decente agli operai...in effetti la strada è diversa, sono d'accordo
il problema è che quando si chiude baracca il lavoratore fa la fame, ma i beni privati dell'azionista restano suoi...
Queste sono le regole del gioco. Ora si può addolcirle e tutelare gli interessi di chi nel gioco non avrebbe voluto entrarci ed è stato costretto, o di chi il gioco non se lo può permettere, ma non si possono cancellare queste regole. Alla fine, ma non vorrei semplificare tutto, vince sempre il più forte.
l'azionista partecipa al capitale dell'azienda; il lavoratore col capitale/lavoro. L'imprenditore che chiude, per ragioni sostanziali e non per furberia, rischia tutto. Creo sia opportuno che a sinistra qualche illuminato decida finalmente di affrontare il discorso sul costo del lavoro. IMHO i problemi partono da lì.
condivido fino ad un certo punto certo, il costo del lavoro si compone di moltissimi elementi: salario, tasse, contributi, spese per la formazione, etc etc, ora, è evidente come ci sia pure un rapporto tra le aspettative di salario e le aspettative socioculturali: in un paese ove imperversano telefonini, schermi al plasma, vacanze etc etc, le aspettative salariali sono radicalmente diverse da quelle di un villagio cinese, ove chi mangia carne due volte la settimana è considerato ricco dunque l'analisi verte su due filoni ben differenziati: cosa può fare lo stato per ridurre il costo del lavoro, e quali sono le aspettative di benessere di un popolo e perchè... alla fine, non dimentichiamo che se vogliamo ridurre il carico fiscale sui dipendenti dobbiamo far pagare le tasse che vengono a mancare a qualcun altro...
...o trasferire parte della tassazione sul reddito su altre voci. E, aggiungo, contemporaneamente abbassare il carico fiscale complessivo. Si dice spesso che la sinistra moderata ha perso la capacità di parlare alla gente. Uno dei motivi è il timore di perdere una base dell'elettorato più o meno nostalgico del partito di lotta. Quella base a mio avviso è già perduta; dunque che facciano il passo completo verso una visione più moderna dell'economia e lascino le lotte sindacali a chi fa il sindacalista di mestiere.
ho comunque l'impressione che un bambino nigeriano costerebbe comunque di meno come operaio... comunque si, ridurre il carico fiscale e contemporaneamente ridistribuirlo sarebbe una bella scommesse...anche se ho paura che chi oggi dichiare 10mila euro guadagnandone invece 200mila non cambierebbe la sua attitudine neppure con un'aliquota massima al 20%... direi che ci vuole la carota della tassazione ridotta insieme al bastone della leva fiscale svantaggiosa per chi delocalizza... ah, e chi chiude de tutto in Italia per aprire all estero andrebbe perseguito penalmente
