Quel "piano Cobra" di Ganzer Padova - Venerdì 24 ottobre 2003 Come, nel 1994, il comandante dei Ros si propose di smistare un carico di 200 kg di cocaina spedito da Cartagena (Colombia) Milano - Si era a metà degli anni ’90 e la giostra manipolatrice battezzata dal generale del Raggruppamento Operativo speciale dei carabinieri Giampaolo Ganzer - Repubblica lo ha documentato nei giorni scorsi - girava a pieno regime. Confidente nei suoi risultati, certa dell’omertà dei suoi interpreti. Quando - è il 1994 - accade che un pubblico ministero decidadi non voltarsi dall’altra parte. Quel pubblico ministero si chiama Armando Spataro, ex consigliere del Csm oggi rientrato alla Direzione distrettuale antimafia di Milano, dove ha speso la sua intera vita professionale. E dove, in quel 1994, ricevette la telefonata di un "amico di antica data". L’allora colonnello Giampaolo Ganzer. Quel che segue è il racconto di come l’ambizioso ufficiale del Ros tentò di giocare il pubblico ministero che di lui si fidava. E’ il canovaccio di un imbroglio, di cui Spataro, l’8 maggio 1999, dà conto in un verbale al pubblico ministero di Brescia Fabio Salamone, oggi agli atti dell’inchiesta di Milano. Leggiamo. "Conoscevo Ganzer dagli anni del terrorismo, quando faceva parte delle speciali sezioni investigative. Ne apprezzavo qualità professionali e umane e il nostro rapporto di amicizia si era andato consolidando. Continuavamo a sentirci e, talvolta, a vederci. Dunque, non mi meravigliai quando, all’inizio del ?94, ricevetti una sua telefonata. Ganzer mi chiedeva di riceverlo in Procura a Milano, insieme ad un altro ufficiale del Ros di Roma...". I tre si incontrano qualche giorno dopo. Nell’ufficio di Spataro, siedono Ganzer e l’allora capitano Carlo Fischione della sezione antidroga (oggi tra i 27 indagati a Milano ndr). I due carabinieri espongono al magistrato il canovaccio di un piano battezzato "Cobra". Sufficientemente generico per non "impegnarsi" in dettagli che potrebbero incuriosire l’interlocutore. Abbastanza preciso negli esiti per ingolosirlo. Spataro ne conserva un nitido ricordo: "Ganzer mi disse che il Ros disponeva di un confidente colombiano che aveva rivelato l’arrivo nel porto di Massa Carrara di un carico di 200 chilogrammi di cocaina. Ricordo che Ganzer disponeva di nome della nave, data di arrivo e numero di container. La cocaina, aggiunse, era destinata alla piazza di Milano e il confidente era disposto a fornire al Ros le indicazioni necessarie per seguire il carico fino a destinazione e catturare i destinatari della merce". Pubblicità - Un gioco da ragazzi. Per il quale era necessaria solo una firma sotto un decreto di ritardato sequestro dello stupefacente. Rischio modesto, massimo successo. "Una operazione come tante altre - chiosa Spataro a verbale - Dissi ai due ufficiali che l’operazione mi pareva del tutto praticabile". Il decreto di ritardato sequestro viene firmato. Con delle istruzioni precise: "Doveva essere dato avviso alla Procura di Massa e alle procure in cui lo stupefacente sarebbe transitato. Bisognava intervenire qualora si fosse rischiata la perdita del "carico". In ogni caso, i carabinieri avrebbero dovuto riferire sulla sorte della cocaina". Spataro non sa che è stato appena ingannato. Comincia a sospettarlo soltanto quando, qualche giorno prima del previsto arrivo della cocaina a Massa, Ganzer lo raggiunge al telefono per "intervenute difficoltà". La storiella che viene venduta al magistrato ha dell’incredibile. State a sentire: "Mi venne detto che il confidente aveva riferito che i suoi accordi con i colombiani prevedevano la sua diretta responsabilità qualora il carico fosse stato sequestrato oltre la barriera doganale. Dunque, era necessario, per proteggere il confidente, intercettare il carico sulla banchina del porto, simulando un intervento cui sarebbe stato dato grande risalto con una conferenza stampa. I colombiani avrebbero ricevuto gli articoli via fax e così non avrebbero avuto a che dire con il confidente. A Milano la droga sarebbe stata portata dopo dal Ros perché gli acquirenti non ne conoscevano la provenienza, dunque non si sarebbero insospettiti dal sequestro di Massa". Spataro comincia a mangiare la foglia, ma non se la sente di rovesciare il tavolo. Non ancora. "Il nuovo quadro mi sembrava strano e decisamente macchinoso, ma per la fiducia che riponevo in Ganzer non posi alcuna seria obiezione". La farsa in banchina può dunque consumarsi. Il 21 febbraio ?94, 213 chilogrammi di cocaina vengono sequestrati nel container TPHU 690328-3 a bordo della "motonave Saint Pierre", salpata dal porto di Cartagena (Colombia). Un giovane sostituto di Massa, Augusto Lama, deve mettere la sua faccia accanto a quella di chi ha effettuato la "brillante operazione". A beneficio di taccuini e tv. Il gioco è fatto. Il Ros trasferisce la cocaina a Roma, nella caserma di Ponte Salario. Qualcuno dovrebbe informare Spataro. Ma nessuno lo fa. Ganzer si "dimentica" dell’amico magistrato. E non per settimane. "Per mesi non ebbi notizie. Cominciai a preoccuparmi. Telefonai a Ganzer e lui mi disse che l’operazione non era ancora compromessa. Finché, un giorno, trovandomi a Roma, mi presentai nella caserma di Ponte Salario. Mi portarono nell’ufficio di Fischione dove in un armadio blindato mi mostrarono numerosi panetti di cocaina. Che fosse cocaina e fossero 200 chili me lo dissero loro". Non un pezzo di carta, non uno straccio di evidenza che fosse quella di Carrara. Ma - va da sé - se si lavora a mano libera questa è la prassi. E la prassi prevede variazioni in corso d’opera. Ganzer torna a inabissarsi. E solo "per caso", tre mesi dopo, inciampa in Spataro. Ancora a Roma. Questa volta decide di dirglielo. Quella cocaina non andrà più a Milano perché "c’è un trafficante di Bari intenzionato a comprarne 30 chili...". Anche per l’amico Spataro è troppo. Il magistrato capisce che può o meno superare la soglia dell’istigazione a delinquere in compagnia di Ganzer. Decide di non farlo. "Era trascorso un anno dal sequestro di Massa. Preparai un decreto di immediata distruzione dello stupefacente. Telefonai a Ganzer, che prese atto. Nei giorni successivi, ricevetti il verbale di distruzione". La "brillante operazione" era finita. E, con lei, un imbroglio e un’amicizia. "Avvertii il procuratore Minale e i colleghi pm Nobili, Romanelli, Alma, Marcelli. Intendevo metterli sull’avviso qualora fosse toccato a loro trattare vicende analoghe...". e questo e' del 2003.. a distanza di 7 anni: Milano«Carriera. Potere. Visibilità». Così il pubblico ministero Luisa Zanetti riassume i moventi che avrebbero trasformato undici carabinieri del Ros - il reparto di punta dell’Arma - in una cellula impazzita, una banda di trafficanti di droga e di armi che inventavano operazioni di servizio al solo fine di farsi belli. Alla testa della cellula impazzita, secondo la Procura milanese, il generale Giampaolo Ganzer, comandante del Ros, e il suo ex vice Mauro Obinu, oggi capo della scuola di formazione dei servizi segreti. Al termine di un processo durato cinque anni e di una requisitoria che ha occupato dodici udienze, la pubblica accusa chiede per Ganzer e Obinu una pena terrificante: ventisette anni di carcere a testa. A rendere inevitabile una pena di questa fatta, spiega l’accusa, l’aggravante dell’organizzazione armata: perché, dice il pm, gli uomini di Ganzer impiegavano le loro Beretta in dotazione per proteggere trasporti di droga, consegne, raffinerie. Insieme ai due generali, la Procura chiede di condannare altri nove carabinieri a un totale di oltre due secoli di carcere. Ma a rendere la requisitoria della dottoressa Zanetti materiale istituzionalmente esplosivo è, inevitabilmente, la figura dell’imputato numero uno. Perché Ganzer non è solo un pezzo di storia dell’Arma, braccio destro del mitico colonnello Bonaventura, l’eroe della caccia alle Br. Ma è tuttora uno dei carabinieri più potenti d’Italia, rimasto alla testa del Ros nonostante le imputazioni a suo carico, e in questa veste autore di inchieste di delicatezza estrema, da quelle sul terrorismo islamico all’affaire Bertolaso. La scelta del’Arma, supportata dai governi sia di centrodestra che di centrosinistra, di lasciare Ganzer al suo posto non è mai stata digerita dalla Procura milanese. Ma il fatto che Ganzer sia ancora al suo posto ora rende ancora più eclatante la richiesta di una pena che, se accolta, lo chiuderebbe in carcere fino al resto dei suoi giorni. Per cinque lunghi anni, Ganzer ha ricoperto una carica dello Stato e intanto, ogni due settimane, saliva a Milano a fare l’imputato. Stava seduto nei banchi, a prendere appunti mentre l’accusa squadernava le sue carte, lo accusava di avere tollerato, istigato, coperto le cose da pazzi che avvenivano al Ros di Brescia, con carichi di droga e di armi che andavano e venivano, si materializzavano e svanivano nel nulla, e fiumi di denaro che dalle casse occulte dei Ros finivano nelle tasche di confidenti e trafficanti. La Procura aveva chiesto di interrogarlo in aula. Poi ci ha ripensato. Ma Ganzer è andato ugualmente a sedersi davanti ai giudici, rispondendo alle domande del proprio avvocato. E ha spiegato come e perché di quei deliri investigativi non poteva sapere nulla. Come aveva già fatto in un memoriale in cui rispondeva a brutto muso alle accuse lanciate contro di lui da Armando Spataro, suo vecchio amico dell’epoca del terrorismo, divenuto teste d’accusa contro di lui per un carico da duecento chili di coca: «Il dottor Spataro all'epoca dei fatti non eccepì quelle perplessità manifestate poi», scrisse. O della storia dei miliardi in Svizzera riciclati spendendo il suo nome dai marescialli del Ros di Bergamo, «che sono venuti in aula a dire che io non ne sapevo niente». Ieri Ganzer non è in tribunale a sentire la richiesta della Procura. Quando le agenzie annunciano la stangata, reagisce come sempre: «Ho fiducia nella giustizia e nel tribunale», fa sapere, specificando che intanto «continuo a fare il mio lavoro con serenità». Per la sentenza si dovrà attendere dopo la metà di maggio. Ma, vada come vada, la carriera di Ganzer finisce qui. E, vada come vada, questo resterà un processo ai meccanismi a volte diabolici che animano il lavoro degli investigatori, a quella caccia al risultato che è il motore di molte inchieste importanti, e che però a volte diventa furore e delirio, dove le regole della legge vengono lanciate per aria non per volgare bramosia di quattrini (che anche nella ricostruzione della Procura resta un elemento marginale, se non accidentale) ma in una sorta di trance agonistica dove conta solo andare in gol. Quanto ne sapesse il generale di brigata Giampaolo Ganzer è ora materia che dovranno sciogliere i giudici. visto che non se ne era ancora parlato (ed onestamente aspettavo che qualcuno lo facesse) ....mi astengo momentaneamente da ogni commento per evitare il solito partaccione..
Faccenda delicata sulla quale, come scrive molto bene il corsera, si dovrà pronunciare la magistratura. Un consiglio per il futuro: riportare integralmente lunghi articoli non aiuta il lettore che potrebbe trovare il messaggio "impegnativo" :wink:
....14 anni tra le stesse persone che ha mandato dentro..... vedrai che gli passano le ruzze quando esce.. ..se esce...
bello schifo...lo stesso tribunale dice che ha fatto cio' che ha fatto per creare la giusta interconnessione di copertura per fini ovvi a tutti....ma in Italia è reato...bello schifo. un passo rapido del corsera esporta il «metodo», spiegato negli atti del processo milanese. «Il Ros - si legge - instaura contati diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti... Ordina quindi quantitativi di stupefacenti da inviare in Italia...».
una considerazione mia,da uomo semplice: ..ma pensate sul serio che si possa anche solo tentare di spalar via quella ***** immonda che è la criminalità organizzata senza che nessuno si sporchi un po' le mani? gli articoli di repubblica spesso son scritti con l'assunto di vergare su marmo verità assolute..qualche dubbio,sapendo come vanno spesso le cose in italia,io me lo concederei
ovviamente no... pero' un conto sono gli infiltrati o gli agenti in borghese che pizzicano lo spacciatorino di turno e un conto sono quelli che ,grazie alla insospettabilita' data dal nome dal corpo (in questo caso) di appartenenza, e dalle conoscenze che questo comporta fanno una specie di doppio gioco.. il concetto fu' gia' estrapolato in un altro argomento, e a causa di certe mele marce, la cui implicazione e' chiara e lampante viste le possibilita' del caso, che su questi argomenti tutti rimangono basiti. passi il vigile che straccia la multa al cognato, ma un alta carica come Ganzer, che conosceva buona parte dei traffici illeciti del nostro paese,ci mette veramente poco a tenere un piede di qua' e uno di la'..senza destare il minimo sospetto... un po' come il lato oscuro della Forza.. poi ognuno e' libero di pensarla come meglio crede.....
chiarisco il mio concetto senno' magari non ci si capisce: per come la vedo io,se l'obbiettivo è smantellare un'organizzazione di trafficanti,per poter realizzare questo io son disposto a sporcarmi le mani (leggasi compromettermi anche con il traffico se serve,per poterli poi far fuori tutti..) potra' non piacere,comprensibilmente il pensiero ai puri d'animo,ma quando bisogna affrontare certe indagini l'ispettore Derrick non va bene..serve la versione piu' seria del Monnezza..e per scavare a fondo le mani se le sporchera' e pure tanto ... chiaro che son cose che non puoi sbandierare ai quattro venti,lo stato ufficialmente non puo' promuovere azioni contro la legge..e sicuro che puo' tranquillamente succedere che qualcuno passi il segno,chiamiamoli se vogliamo rischi collaterali ..se la CIA americana arriva tranquillamente a scatenare conflitti solo per difendere gli interessi degli USA,figurati se gli enti che operano nello stesso ambito in altri paesi non rischiano qualche cappella..eppure anche loro hanno il loro motivo di esistere,piaccia o meno a noi o a Repubblica.
Ok, allora se mi fermano con la bauliera piena di cocaina posso tranquillamente dire agli agenti che e' per debellare il narcotraffico, e NON per uso personale o spaccio... non vedo cosa debbano a questo punto obbiettarmi ....se mi prendi la CIA come paragone allora stiamo freschi !!
Concordo. Avere l'umiltà di mettere in dubbio le proprie conoscenze, evitando di porle sempre a livello di verità assoluta, è una virtù che pochi possiedono. I fatti, le persone coinvolte, il momento temporale (non c'è ancora alcuna pronuncia giurisprudenziale) impongono la massima cautela nel riportare la notizia. Invece, (ovviamente) il giornalista che ha redatto questi articoli non si è posto alcun dubbio. Neppure sul suo uso "inconsueto" della punteggiatura.
NNNNNaaaaaaaaa... io non mi paragono a Ganzer.. e per fare il punto della situazione, il fine per me non giustifica i mezzi. la mia opinione personale (come sempre) e' che SI' il suo gruppo abbia agito all'inizio con un intento del tutto puro, ma che poi fattosi trascinare dagli eventi abbia fatto sempre piu' passi falsi, visto che a quei livelli la corruzzione puo' essere tanto allettante quanto impossibiile da quantificare. riporto l'esempio fatto in un altro argomento: se a un posto di blocco fermano l'extracomunitario,irregolare e senza patente;e scoprono che ha 55kg di cocaina nascosti in auto, e sul verbale ne dichiarano 50, i 5 di avanzo che fine fanno? secondo voi il malcapitato corriere,anche in fase di processo, dichiarera' che erano 55 e non 50? e anche se lo facesse, che peso darebbero alle sue parole?? questa cosa e' il fulcro del dubbio che ha fatto smuovere tutto, se sapeva dei carichi dalla colombia,se sapeva dove come e quanta ne arrivava, chi gli avrebbe impedito di farne passare un tot gia' prestabilito,e l'altro finiva sulle prime pagine dei giornali (ipotesi corruzione) con il cartello di turno, di modo che sia lo stato italiano gli fosse grato, sia il cartello che si vedeva sequestrare una minima parte, magari di terza scelta,e passare tutto il resto ,ma sopratutto, scenario piu' inquietante,chi gli impediva di prenderne un po' senza dire nulla a nessuno e su questa farci un ricavo netto alle spalle dello stato e del carello? a questi livelli per me' e' sempre meglio partire con la sfiducia,a priori, e poi vedere l'evolversi delle cose. non e' demonizzare tutto e tutti,e' capire che la Morale spa,in borsa e' molto meno quotata rispetto all'Euro inc.
A mio modo di vedere, l'ipotesi in cui il poliziotto infiltrato di turno trattenga una parte della merce per agire in prima persona nella sua commercializzazione è inverosimile. Due sono i perchè: 1) l'infiltrato difficilmente ha le conoscenze per vendere tale merce senza esser "beccato" e, nel caso di droga, sarebbe necessaria una rete commerciale fidata. Gli acquirenti dovrebbero essere diversi da quelli cui si sarebbe rivolta l'organizzazione criminale. Il rischio è alto: cosa lo ha spinto allora a far la carriera da poliziotto e non subito quella del criminale? 2) è facile per l'organizzazione criminale sapere se ha un nuovo concorrente. In tal caso, il metodo per "sbarazzarsene" supererebbe le vie lecite e l'infiltrato si esporrebbe ad un doppio rischio. Ipotesi in cui l'infiltrato permetta il sequestro solo di una parte della merce (magari in accordo con l'organizzazione criminale). Questo è verosimile e, anzi, qualora sia fattibile, potrebbe essere fruttuoso per la giustizia; infatti l'infiltrato non verrebbe "bruciato". Qui non è questione di morale; è un lavoro estremamente complesso. Una mossa sbagliata potrebbe vanificare il lavoro di anni e le conseguenze potrebbero non limitarsi ad una condanna giudiziale.