A grande richiesta eccolo... non solo poesie d'amore, ma quelle che vi colpiscono maggiormente. Incominciamo con questa.. Alicante[SIZE=-1]Un'arancia sul tavolo[/SIZE] [SIZE=-1]Il tuo vestito sul tappeto[/SIZE] [SIZE=-1]E nel mio letto, tu[/SIZE] [SIZE=-1]Dolce dono del presente[/SIZE] [SIZE=-1]Frescura della notte[/SIZE] [SIZE=-1]Calore della mia vita.[/SIZE] (J. Prévert)
"Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco: t'amo come si amano certe cose oscure, segretamente, tra l'ombra e l'anima. T'amo come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori; grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo il concentrato aroma che ascese dalla terra. T'amo senza sapere come, né quando, né da dove, t'amo direttamente senza problemi né orgoglio: così ti amo perché non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei, così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno" P.Neruda
All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro? Ove piú il Sole per me alla terra non fecondi questa bella d'erbe famiglia e d'animali, e quando vaghe di lusinghe innanzi a me non danzeran l'ore future, né da te, dolce amico, udrò piú il verso e la mesta armonia che lo governa, né piú nel cor mi parlerà lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto a mia vita raminga, qual fia ristoro a' dí perduti un sasso che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte? Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve tutte cose l'obblío nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. Ma perché pria del tempo a sé il mortale invidierà l'illusïon che spento pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l'armonia del giorno, se può destarla con soavi cure nella mente de' suoi? Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo porgendo, sacre le reliquie renda dall'insultar de' nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, e di fiori odorata arbore amica le ceneri di molli ombre consoli. Sol chi non lascia eredità d'affetti poca gioia ha dell'urna; e se pur mira dopo l'esequie, errar vede il suo spirto fra 'l compianto de' templi acherontei, o ricovrarsi sotto le grandi ale del perdono d'lddio: ma la sua polve lascia alle ortiche di deserta gleba ove né donna innamorata preghi, né passeggier solingo oda il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura. Pur nuova legge impone oggi i sepolcri fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti contende. E senza tomba giace il tuo sacerdote, o Talia, che a te cantando nel suo povero tetto educò un lauro con lungo amore, e t'appendea corone; e tu gli ornavi del tuo riso i canti che il lombardo pungean Sardanapalo, cui solo è dolce il muggito de' buoi che dagli antri abdüani e dal Ticino lo fan d'ozi beato e di vivande. O bella Musa, ove sei tu? Non sento spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume, fra queste piante ov'io siedo e sospiro il mio tetto materno. E tu venivi e sorridevi a lui sotto quel tiglio ch'or con dimesse frondi va fremendo perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio cui già di calma era cortese e d'ombre. Forse tu fra plebei tumuli guardi vagolando, ove dorma il sacro capo del tuo Parini? A lui non ombre pose tra le sue mura la città, lasciva d'evirati cantori allettatrice, non pietra, non parola; e forse l'ossa col mozzo capo gl'insanguina il ladro che lasciò sul patibolo i delitti. Senti raspar fra le macerie e i bronchi la derelitta cagna ramingando su le fosse e famelica ululando; e uscir del teschio, ove fuggia la luna, l'úpupa, e svolazzar su per le croci sparse per la funerëa campagna e l'immonda accusar col luttüoso singulto i rai di che son pie le stelle alle obblïate sepolture. Indarno sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti non sorge fiore, ove non sia d'umane lodi onorato e d'amoroso pianto. Dal dí che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi all'etere maligno ed alle fere i miserandi avanzi che Natura con veci eterne a sensi altri destina. Testimonianza a' fasti eran le tombe, ed are a' figli; e uscían quindi i responsi de' domestici Lari, e fu temuto su la polve degli avi il giuramento: religïon che con diversi riti le virtú patrie e la pietà congiunta tradussero per lungo ordine d'anni. Non sempre i sassi sepolcrali a' templi fean pavimento; né agl'incensi avvolto de' cadaveri il lezzo i supplicanti contaminò; né le città fur meste d'effigïati scheletri: le madri balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono nude le braccia su l'amato capo del lor caro lattante onde nol desti il gemer lungo di persona morta chiedente la venal prece agli eredi dal santuario. Ma cipressi e cedri di puri effluvi i zefiri impregnando perenne verde protendean su l'urne per memoria perenne, e prezïosi vasi accogliean le lagrime votive. Rapían gli amici una favilla al Sole a illuminar la sotterranea notte, perché gli occhi dell'uom cercan morendo il Sole; e tutti l'ultimo sospiro mandano i petti alla fuggente luce. Le fontane versando acque lustrali amaranti educavano e vïole su la funebre zolla; e chi sedea a libar latte o a raccontar sue pene ai cari estinti, una fragranza intorno sentía qual d'aura de' beati Elisi. Pietosa insania che fa cari gli orti de' suburbani avelli alle britanne vergini, dove le conduce amore della perduta madre, ove clementi pregaro i Geni del ritorno al prode cne tronca fe' la trïonfata nave del maggior pino, e si scavò la bara. Ma ove dorme il furor d'inclite gesta e sien ministri al vivere civile l'opulenza e il tremore, inutil pompa e inaugurate immagini dell'Orco sorgon cippi e marmorei monumenti. Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, decoro e mente al bello italo regno, nelle adulate reggie ha sepoltura già vivo, e i stemmi unica laude. A noi morte apparecchi riposato albergo, ove una volta la fortuna cessi dalle vendette, e l'amistà raccolga non di tesori eredità, ma caldi sensi e di liberal carme l'esempio. A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta. Io quando il monumento vidi ove posa il corpo di quel grande che temprando lo scettro a' regnatori gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue; e l'arca di colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide sotto l'etereo padiglion rotarsi piú mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese sgombrò primo le vie del firmamento: - Te beata, gridai, per le felici aure pregne di vita, e pe' lavacri che da' suoi gioghi a te versa Apennino! Lieta dell'aer tuo veste la Luna di luce limpidissima i tuoi colli per vendemmia festanti, e le convalli popolate di case e d'oliveti mille di fiori al ciel mandano incensi: e tu prima, Firenze, udivi il carme che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco, e tu i cari parenti e l'idïoma désti a quel dolce di Calliope labbro che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma d'un velo candidissimo adornando, rendea nel grembo a Venere Celeste; ma piú beata che in un tempio accolte serbi l'itale glorie, uniche forse da che le mal vietate Alpi e l'alterna onnipotenza delle umane sorti armi e sostanze t' invadeano ed are e patria e, tranne la memoria, tutto. Che ove speme di gloria agli animosi intelletti rifulga ed all'Italia, quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi venne spesso Vittorio ad ispirarsi. Irato a' patrii Numi, errava muto ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo desïoso mirando; e poi che nullo vivente aspetto gli molcea la cura, qui posava l'austero; e avea sul volto il pallor della morte e la speranza. Con questi grandi abita eterno: e l'ossa fremono amor di patria. Ah sí! da quella religïosa pace un Nume parla: e nutria contro a' Persi in Maratona ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi, la virtú greca e l'ira. Il navigante che veleggiò quel mar sotto l'Eubea, vedea per l'ampia oscurità scintille balenar d'elmi e di cozzanti brandi, fumar le pire igneo vapor, corrusche d'armi ferree vedea larve guerriere cercar la pugna; e all'orror de' notturni silenzi si spandea lungo ne' campi di falangi un tumulto e un suon di tube e un incalzar di cavalli accorrenti scalpitanti su gli elmi a' moribondi, e pianto, ed inni, e delle Parche il canto. Felice te che il regno ampio de' venti, Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi! E se il piloto ti drizzò l'antenna oltre l'isole egèe, d'antichi fatti certo udisti suonar dell'Ellesponto i liti, e la marea mugghiar portando alle prode retèe l'armi d'Achille sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi giusta di glorie dispensiera è morte; né senno astuto né favor di regi all'Itaco le spoglie ardue serbava, ché alla poppa raminga le ritolse l'onda incitata dagl'inferni Dei. E me che i tempi ed il desio d'onore fan per diversa gente ir fuggitivo, me ad evocar gli eroi chiamin le Muse del mortale pensiero animatrici. Siedon custodi de' sepolcri, e quando il tempo con sue fredde ale vi spazza fin le rovine, le Pimplèe fan lieti di lor canto i deserti, e l'armonia vince di mille secoli il silenzio. Ed oggi nella Troade inseminata eterno splende a' peregrini un loco, eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, onde fur ***** e Assàraco e i cinquanta talami e il regno della giulia gente. Però che quando Elettra udí la Parca che lei dalle vitali aure del giorno chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove mandò il voto supremo: - E se, diceva, a te fur care le mie chiome e il viso e le dolci vigilie, e non mi assente premio miglior la volontà de' fati, la morta amica almen guarda dal cielo onde d'Elettra tua resti la fama. - Cosí orando moriva. E ne gemea l'Olimpio: e l'immortal capo accennando piovea dai crini ambrosia su la Ninfa, e fe' sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando da' lor mariti l'imminente fato; ivi Cassandra, allor che il Nume in petto le fea parlar di ***** il dí mortale, venne; e all'ombre cantò carme amoroso, e guidava i nepoti, e l'amoroso apprendeva lamento a' giovinetti. E dicea sospirando: - Oh se mai d'Argo, ove al Tidíde e di Läerte al figlio pascerete i cavalli, a voi permetta ritorno il cielo, invan la patria vostra cercherete! Le mura, opra di Febo, sotto le lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di ***** avranno stanza in queste tombe; ché de' Numi è dono servar nelle miserie altero nome. E voi, palme e cipressi che le nuore piantan di Priamo, e crescerete ahi presto di vedovili lagrime innaffiati, proteggete i miei padri: e chi la scure asterrà pio dalle devote frondi men si dorrà di consanguinei lutti, e santamente toccherà l'altare. Proteggete i miei padri. Un dí vedrete mendico un cieco errar sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne, e interrogarle. Gemeranno gli antri secreti, e tutta narrerà la tomba Ilio raso due volte e due risorto splendidamente su le mute vie per far piú bello l'ultimo trofeo ai fatati Pelídi. Il sacro vate, placando quelle afflitte alme col canto, i prenci argivi eternerà per quante abbraccia terre il gran padre Oceàno. E tu onore di pianti, Ettore, avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane. [Ugo Foscolo - Dei Sepolcri]
[FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]non può mancare...[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Romeo e Giulietta[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù?[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]È l'oriente, e Giulietta è il sole.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna,[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]malata già e pallida di pena[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]perché tu, sua ancella, di tanto la superi in bellezza.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Non essere la sua ancella, poiché la luna è invidiosa.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Il suo manto di vestale è già di un verde smorto,[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]e soltanto i pazzi lo indosano. Gettalo via.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]È la mia donna; oh, è il mio amore![/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]se soltanto sapesse di esserlo.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Parla, pure non dice nulla. Come accade?[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Parlano i suoi occhi; le risponderò.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]No, sono troppo audace; non parla a me;[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]ma due stelle tra le più lucenti del cielo,[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]dovendo assentarsi, implorano i suoi occhi[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]di scintillare nelle loro sfere fino a che non ritornino.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]E se davvero i suoi occhi fossero in cielo, e le stelle nel suo viso?[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Lo splendore del suo volto svilirebbe allora le stelle[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]come fa di una torcia la luce del giorno; i suoi occhi in cielo[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]fluirebbero per l'aereo spazio così luminosi[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]che gli uccelli canterebbero, credendo finita la notte.[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Guarda come posa la guancia sulla mano![/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]Oh, fossi un guanto su quella mano[/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif]e potessi sfiorarle la guancia![/FONT] [FONT=Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif](William Shakespeare)[/FONT]
Cantico dei cantici cap 8 Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l`amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l`amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell`amore, non ne avrebbe che dispregio
Sempre dalla bibbia cap 5 stavolta Io dormo, ma il mio cuore veglia. Un rumore! E` il mio diletto che bussa: "Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia; perché il mio capo è bagnato di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne". "Mi sono tolta la veste; come indossarla ancora? Mi sono lavata i piedi; come ancora sporcarli?". Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio e un fremito mi ha sconvolta. Mi sono alzata per aprire al mio diletto e le mie mani stillavano mirra, fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello. Ho aperto allora al mio diletto, ma il mio diletto già se n`era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa. L`ho cercato, ma non l`ho trovato, l`ho chiamato, ma non m`ha risposto. Mi han trovata le guardie che perlustrano la città; mi han percosso, mi hanno ferito, mi han tolto il mantello le guardie delle mura. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto, che cosa gli racconterete? Che sono malata d`amore! Che ha il tuo diletto di diverso da un altro, o tu, la più bella fra le donne? Che ha il tuo diletto di diverso da un altro, perché così ci scongiuri?
Quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. (Lorenzo de Medici)
Ed ora qualcosa di molto attuale :wink: Valentina Maran Diritto alla meta Gli sono bastati quei dieci minuti in terrazzo, giusto il tempo di legare un gelsomino per diventare nero da farmi invidia. Ha il pollice verde. Non me lo vedo annaffiare le piante e coccolare il rosmarino, lui e quelle sue spalle da atleta. Sprecato. Siamo usciti con la scusa del pranzo. Lui mi dice: "Abito qui vicino" "Ma dai" "Vuoi salire un attimo?" Appioppo un 6 di tutta sufficienza all'idea. Invece sono una miracolata. Una dea. Questa non è Milano. E' Lourdes. E io ho mollato le stampelle e cammino da sola. Casa sua è come me l'aspettavo. Piena. Do' un'occhiata volante. Indifferente. Meno male ha tolto le foto della sua DA POCO EX. Meno male ha tolto lei dalle palle, me dall'imbarazzo di schivare foto e cornici, lui dall'obbligo di cambiare discorso. "Accomodati" Mi spoglia con gli occhi. Preferirei lo facesse con le mani. E' vero. Questi dieci centimetri di tacco me li sono infilati per lui. Perché gli si conficchino nello sterno giusto ad un'unghia dal cuore. Così fa più male. "Ti posso offrire qualcosa?" Un'ora di oblìo e perdizione, una scopata, un sogno, una cavalcata di sensazioni, la panna montata, quello che vuoi. Quello che ti pare, prima di subito. Ora. "Un caffè, grazie" Sì, grazie. Grazie a Dio ho il cervello a tenuta stagna. Se tutto quello che ho in mente mi drenasse sulla lingua farei la ******* invece della pubblicitaria. "Ok. Ci vuole un attimo" mi dice. Sbircio il celebre terrazzo e immagino come ci si debba sentire nudi, alla faccia dai vicini di casa dell'ultimo piano che ti stanno a guardare. E' intento a preparare. Striscio verso un angolo a far finta di interessarmi ad altro per non finire a fissargli la schiena e tutto il bello che viene 180 gradi dopo. Gira su se stesso e arriva con le tazzine fumanti. Cristo santo. Sembra tutto fatto su misura. "Zucchero?" Per fortuna ci pensa lui visto che a me tremano troppo le mani. Oggi sta da dio. Sta sempre da dio. Forse dovrei dirglielo che sta bene in camicia. Sono fantastici quei bottoni da prendere e sfilare, da elencare dall'incipit al prologo dei calzoni. Uno a uno in discesa. Sono grata che non si sia messo una T-shirt. ..."e poi un cioccolatino è il massimo accoppiato al caffè"... Lo so io cos'è il massimo. Lo so io che potrei scoppiare e slacciarti. E guarda che non me lo dimentico che hai avuto una Mini Minor. Tesoro, sei tutto un programma. Mi piace parlare con te. Mi piacerebbe succhiare un angolo del cioccolatino che mi hai dato e poi passartelo sulle labbra. Guardare mentre diventi serio. Guardare dove appoggi le mani. Scarto il cioccolatino come se stessi spogliando me stessa, come se non fosse cacao ma la mia stessa pelle. Ho pochi secondi per portartelo alle labbra perché sono così calda che mi si squaglierà in mano, tra le nocche, e non sarebbe bello mettertelo così molle sulla lingua. Lo guardo. Che ne so di quello che stiamo parlando? Me lo sono già perso da un pezzo. Sono tutta concentrata su questo messaggio di sesso posta celere che gli sto per infilare in bocca. Ho finito di denudare il cioccolato e lo allungo alle labbra che non vedo l'ora di sentirmi addosso. Mi guarda. Mi sorride. Se fa così mi stronca. E io già pregusto tutto il caldo che mi sale da sotto. Sono ad un passo, ad un centimetro dal confine. E' un cioccolatino ripieno salato di me. Ho il braccio, un tentacolo fiondato verso il suo viso con tutta una promessa che si trattiene a stento, pronta a liquefarsi. Non devi neanche dire sì. Avanti, prendilo. "io sono a dieta, grazie. Mangialo tu per me. Guarda come sei magra, dovresti mettere su qualche chiletto" *****! Dì, che cosa cavolo ti è passato per la testa? Chi è? Chi è quella *******? Chi? Chi è stata? La Lambertucci? La dottoressa Tirone? O quella stronza su rete quattro con un culo che fa provincia? Chi è stata che la rovino a insulti? Che le stronco la carriera a forza di Woodooo? Convince gli altri a dimagrire poi sono io che vado in bianco. A dieta? Non replico. Ok. Io sono magra. E in bianco pure. A dieta. Me lo mangio io quel cioccolatino. E spero che mi venga un bel brufolo, un bubbone così in mezzo al naso almeno non avrai più voglia di guardarmi. Sorrido mentre mi si raggrinzisce la pelle dello stomaco e pure qualcos'altro. Non hai idea di che boccone amaro sia. Stermino il caffè. Appallottolo la cartina. "E' tardi" dico " è meglio che andiamo. Comunque hai una casa bellissima " Si, ma non mostrarmela perché tanto ho solo la forza di trascinarmi in ufficio. Non trafiggermi facendomele solo vedere le lenzuola colorate del tuo letto. Per favore. Non farmi altro visto che hai deciso di non farmi niente fino adesso. Usciamo in fretta. Ho lo stomaco annodato . Rinuncio ad all'Alca Seltzer perché oggi rischia di andarmi di traverso anche quello.
Dalla finestra del mio ufficio Vedo di fronte un edificio, poi il mio sguardo cade giù dove riposa il mio biemvvù, ma mi attira una donzella mamma mia quanto è bella con la gonna svolazzante vorrei fosse la mia amante mentre avanza tra la gente ha catturato la mia mente è all’insù il suo nasino ubriacante più di un vino poi mi lancia un’occhiata batte il cuore all’impazzata il mio pensiero si fa impuro rispetto a prima son più duro tra gli sguardi della gente lei continua indifferente rapprensenta il mio sogno e di questo non mi vergogno e mentre rimango a sognar da lontano mi sento chiamar è il capo incaxxato che mi vede imbambolato ma il mio boss non capisce quanto una fi.ga ti rincoglioni.sce Il cantico delle fi.ghe - Zamplo Neruda
Domani posto qualcosa di mio zio .... gli assomiglio molto per questa sua ansia e amore per l'amore, l'assoluta impossibilità di governarci e imbrigliarci in qualcosa o qualcuno ..... ci innamoriamo di tutto e tutti ...
Mode Serio ON Questa è una delle poesie che preferisco. Famosissima, lo so. è molto importante per me, anche perchè mi è stata dedicata da una persona importante. Se riesci a conservare il controllo quando tutti Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa; Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio; Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare, O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne, O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio, E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio; Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone; Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo; Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina E trattare allo stesso modo quei due impostori; Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante, E piegarti a ricostruirle con strumenti logori; Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite E rischiarle in un colpo solo a testa e croce, E perdere e ricominciare di nuovo dal principio E non dire una parola sulla perdita; Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti, E a tener duro quando in te non resta altro Tranne la Volontà che dice lor "Tieni duro!". Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù, E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente, Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro, Se tutti contano per te, ma nessuno troppo; Se riesci a occupare il minuto inesorabile Dando valore a ogni minuto che passa, Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa, E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio! Rudyard Kipling