qui potresti trovare qualche risposta ai tuoi ragionevoli dubbi http://milano.corriere.it/cronache/articoli/2008/06_Giugno/24/furti_malpensa.shtml un consiglio : mai fare di tutt'erba un fascio ( giusto per rimanere nell'ambito dei luoghi comuni...)
Mmmmm.. e naturalmente al giudice i filmati con i dipendenti che smistavano gli oggetti rubati oltre la rete di recinzione non sono bastati. Venivano da Hollywood ed erano cartoni animati.
allora : il giudice del lavoro ha reintegrato il lavoratore, perchè il processo non era ancora arrivato al terzo grado di giudizio. se il mariuolo ha avuto il coraggio ( e le sostanze...) per proseguire nei vari gradi di giudizio, ecco che nel frattempo il giudice del lavoro, trovandosi nella situazione in cui il mariuolo potrebbe ancora essere giudicato innocente, o -per esempio- godere di attenuanti quali la rivelazione di altri fatti inerenti le indagini, stabilisce che al momento il lavoratore sia reintegrato. Se approfondisci solo un filino la vicenda, scopri che in realtà la vera vittima di tutto questo è -come al solito- la Giustizia Italiana...che per emettere un giudizio su un fatto così miserabile ci mette anni ed anni Privata di fondi e strutture, monca di quella necessaria fiducia dell'opinione pubblica perchè attaccata da tutti i fronti da più di vent'anni, con magistrati ridicolizzati per il colore dei loro calzini, ci si stupisce come ancora ci sia il coraggio di entrare in Magistratura.
Bettino,devi essere obiettivo,queste persone come al solito, sono state tutelate perché lavoravano per una azienda con molti dipendenti. Nel piccolo non funziona cosi;se ti dovessero trovare a rubare in una piccola azienda,vai a casa e la storia finisce li,punto,altro che reintegro!
allora, scendiamo nello specifico : furono indagate 31 persone e 30 presero il loro licenziamento come fatto inevitabile... solo uno ha fatto il gioco duro, e fino ad un certo punto ha ottenuto il reintegro; il fatto è che non si conosce il finale della storia : come è andata a finire non lo sappiamo, nè tu nè io... perciò trarre conclusioni -diciamo così- affrettate...non è corretto questo modo di ragionare fa il gioco di chi vuole screditare sempre e comunque i Sindacati,la Magistratura eccetera eccetera
Ok,si applica la legge.ora ti chiedo:tu ti terresti un dipendente che ti ha rubato in azienda,per tutta la durata del processo? Ps quando va bene durano 5 anni. Servizio aggiornamento gratuito a disposizione degli utenti registrati di Unione Consulenti. La Corte di Cassazione, con sentenza 26 settembre 2007, n. 20159, ha evidenziato che il licenziamento di un dipendente in seguito a sentenza di condanna del tribunale penale, che può essere appellata, non è giustificato. In altri termini, un datore di lavoro non può legittimamente licenziare un dipendente fino a quando la sentenza penale che lo riconosce colpevole di un reato e, conseguentemente, lo condanna non passa in giudicato, ovvero non è più impugnabile con i mezzi di impugnazione ordinari (ricorso in appello, ricorso per cassazione). Nella sentenza citata, la Suprema Corte ha precisato che il rapporto di fiducia tra il datore ed il lavoratore, venuto meno in conseguenza della condanna penale di quest’ultimo, non può essere addotto come legittimo motivo di licenziamento, almeno fino a quando la sentenza di condanna non è definitiva. La stessa Corte, infine, ha precisato che, per i reati commessi dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro o durante lo svolgimento delle proprie mansioni e per i quali lo stesso è stato condannato, il datore di lavoro non può intimare il licenziamento sulla base dell’esercizio del diritto di risoluzione del rapporto lavorativo in caso di condanna penale se la sentenza di condanna non è passata in giudicato. Nel caso in questione, un dipendente era stato licenziato perché non aveva osservato le procedure previste per una determinata attività. Il datore di lavoro giustificava il licenziamento sulla base della sentenza di condanna del dipendente in seguito al procedimento penale nei suoi confronti conseguentemente alla querela dello stesso datore di lavoro. Il licenziamento impugnato era stato intimato, secondo il datore di lavoro, in base al disposto di un articolo del CCNL applicato dall’azienda, il quale prevede la risoluzione cosiddetta “di diritto” del rapporto di lavoro, con conseguente licenziamento per giusta causa, ovvero senza preavviso, nei casi di sentenza penale di condanna di un dipendente per reati commessi contro il datore di lavoro o nello svolgimento delle proprie mansioni. La disposizione contenuta nel suddetto CCNL, però, secondo la Suprema Corte, deve essere intesa nel senso che la risoluzione di diritto con conseguente licenziamento per giusta causa trova legittima applicazione solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza penale che riconosce la colpevolezza del dipendente e, conseguentemente, lo condanna. La Corte di Cassazione, infatti, nella citata sentenza, ha chiarito che non è sufficiente la sentenza penale di condanna in primo grado per far sorgere il diritto alla risoluzione “di diritto” del rapporto di lavoro. Articolo a cura dell'Avv. Alessandra Messa
Grazie per il puntuale riscontro legale, che conferma ciò che avevo scritto a proposito del caso precedente. Come sopra riportato, un caso del genere può avvenire solo se il mariuolo ha energie e sostanze per procedere nei vari gradi di giudizio... e se e quanto possa vale la pena dipende ovviamente da mille ragioni, differenti per ogni situazione. Non ne farei , insomma , una regola dalla quale trarre considerazioni immediate su Sindacati, Magistratura eccetera Se fossi un datore di lavoro con un dipendente mariuolo e resistente, cercherei il modo -legale- di sbarazzarmi di lui al più presto, anche con un accordo. Ma, ripeto, ogni caso è sempre fatto da persone, e bisognerebbe ragionare su fatti e non in teoria.
Che la "giustizia" come tale sia la vera vittima siamo perfettamente d'accordo. Che la "Giustizia Italiana" sia una vittima.... beh.... forse molti cittadini avrebbero qualcosa da ridire, se fossero ancora vivi. I delinquenti di vari paesi scelgono proprio l'Italia per venire a compiere le loro malefatte, chissà perchè.... Se la magistratura italiana non ha la fiducia della gente non è colpa della mancanza di fondi o perchè attaccata da più fronti. Sono le sue stesse sentenze spesso al limite del ridicolo, spesso al di fuori di quello che si definisce "comune senso di giustizia" o semplicemente al di fuori del solo "buon senso" che ha allontanato la gente dalla giustizia. Qui nel forum c'è gente che solo per un ricorso di una multa ha impiegato 3 anni dal giudice di pace che non si è nemmeno degnato di leggere gli estremi del ricorso e le memorie del ricorrente e gli ha pure dato torto. Figurati per una causa civile o penale più importante.... E' colpa delle strutture se un certo Tortora è stato condannato senza uno straccio di prova, sulla base della falsa testimonianza di un pregiudicato ? E i giudici che lo han condannato han pure fatto carriera... Intanto, mentre la gente fa la fame e si cercano i soldi per i cassintegrati in scadenza, i Sigg. giudici si sono aumentati lo stipendio con effetto retroattivo e prenderanno qualcosa come 187.000euro/cad. Mancano i fondi ??
Io come te Bettino,sono un garantista,però in alcuni casi ci vorrebbe la "legge Reale" Ti faccio un esempio per tornare alla giustizia che non funziona:se uno ti dovesse minacciare di morte e possedesse un'arma,la legge dovrebbe intervenire prima dell'ultimo grado di giudizio,non credi?altrimenti se fosse realmente intenzionato a portare a termine la su missione,avrebbe buone probabilità di riuscirci. ps:in alcuni casi si provvede al sequestro cautelativo,ma non è sempre così;i fatti di cronaca di questi giorni ne sono la prova.
Chissà perchè Berlusconi è stato obbligato a risarcire De Benedetti per il lodo Mondadori di 700 milioni di euro SUBITO dopo la sentenza di primo grado e non a conclusione di 3 gradi dei giudizio....
C'è stato l'arbitrato e la somma versata è di 560 milioni di euro. Istituto, disciplinato dagli art. 806-840 c.p.c. (ampiamente riformati dal d. legisl. 40/2 febbraio 2006
Ah ecco... ma l'arbitrariato è diverso da un processo civile ? Mi sembrava ci fosse un processo vero e proprio in corso....
Istituto, disciplinato dagli art. 806-840 c.p.c. (ampiamente riformati dal d. legisl. 40/2 febbraio 2006), che attribuisce alle parti il potere di affidare a giudici privati, detti arbitri, la decisione in merito alle loro controversie, derogando così alla competenza dell’autorità giurisdizionale dello Stato. Affinché le parti possano avvalersi di tale facoltà occorre il perfezionamento di un apposito accordo, la convenzione di a. , che può assumere la forma del compromesso o della clausola compromissoria. Il procedimento arbitrale si svolge secondo le norme stabilite dalle parti (le quali possono stare in a. per mezzo di difensori) o, in mancanza di tale determinazione, secondo quanto stabilito dagli stessi arbitri (art. 816 bis). In ogni caso è necessario che venga rispettato il principio del contraddittorio. Il codice detta alcune norme relative alla fase istruttoria, concernenti in particolare il potere degli arbitri di delegare a uno di essi l’intera attività istruttoria o anche solo singoli atti di istruzione, e le modalità di assunzione della prova testimoniale, la consulenza tecnica, nonché la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione (art. 816 ter). Così come il giudizio ordinario anche quello arbitrale può svolgersi con la partecipazione di una pluralità di parti iniziale o successiva nei limiti e secondo le modalità di cui agli art. 816 quater e 816 quinques c.p.c. Il giudizio arbitrale si conclude con la decisione degli arbitri, il lodo arbitrale , che deve essere pronunciato, salvo diversa determinazione delle parti, entro il termine di 240 giorni dall’accettazione della nomina (prorogabile ai sensi dell’art. 820, co. 3 e 4), e che «ha dalla data della sua sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria» salvo quanto disposto dall’art. 825 c.p.c. Quest’ultima norma consente a ciascuna parte di chiedere al tribunale la concessione della esecutorietà del lodo. Il tribunale in seguito alla presentazione dell’istanza e al deposito del lodo lo dichiara esecutivo con decreto dopo averne accertato «la regolarità formale». Il lodo arbitrale può essere impugnato per nullità, per i motivi indicati nell’art. 829 c.p.c., per revocazione straordinaria e per opposizione di terzo (art. 831). Il codice di procedura si occupa all’art. 832 dell’a. secondo regolamenti precostituiti il cosiddetto a. amministrato. Con questa espressione si allude a un fenomeno assai diffuso nella prassi e cioè l’attribuzione, da parte di coloro che scelgono di stipulare una convenzione di a., a un apposito organismo di una varietà di funzioni concernenti il giudizio arbitrale, quali la determinazione delle regole del giudizio o la predisposizione dell’elenco degli arbitri da nominare. L’a. di cui si è discorso fino a ora viene generalmente qualificato come a. rituale per distinguerlo da un altro tipo di a., cosiddetto irrituale, che trova tuttavia anch’esso una esplicita disciplina dopo la riforma del 2006. Il lodo arbitrale irrituale è definito dall’art. 808 ter quale mera «determinazione contrattuale»; a tale lodo contrattuale «non si applica l’art. 825», non è impugnabile secondo le disposizioni di cui all’art. 827 e ss. c.p.c. ma è annullabile per i motivi di cui all’art. 808 ter, co. 2 c.p.c. La disciplina del codice di rito in materia di a. si chiude con il regime dei lodi esteri. Gli art. 839 e 840 c.p.c. in particolare stabiliscono le modalità attraverso le quali è possibile ottenere il riconoscimento e l’esecuzione in Italia dei lodi stranieri.
Visto che si parlava di sentenze sui licenziamenti: http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/articoli/1093919/fiat-respinto-il-ricorso-di-fiom-su-pomigliano.shtml
Forse trovato il riferimento (notizia di oggi) http://www.oggi.it/attualita/politica/2013/05/06/i-grillini-dicono-no-a-grillo-vogliono-tutta-la-diaria-da-parlamentari/ /emoticons/biggrin@2x.png 2x" width="20" height="20">
guarda che questa vicenda del "licenziamento" che credi di citare a proposito, si è già conclusa con la intimazione alla dirigenza Fiat da parte della Corte d'Appello di Roma in data 19 ottobre 2012 di riassumere i 19 tesserati FIOM entro 40 giorni ed altri 126 entro 180 giorni. la vicenda che invece citi riguarda la decisione di mettere in mobilità questi lavoratori, dopo un accordo firmato a febbraio da altre associazioni sindacali FIOM esclusa; la sentenza attuale della magistratura romana dichiara legittima la decisione della Fiat, stabilendo che non vi è stata discriminazione nei loro confronti. insomma : la cassa integrazione non è "discriminatoria" per operai FIOM o non FIOM... Questo per amor di precisione, ed anche perchè dall'articolo che tu citi (nientemeno che un tgcom 24 targato mediasét ) si sarebbe portati a pensare che la Fiat abbia riportato una "vittoria" contro il perfido sindacato dei cumunisti... Non è così : il senso della vicenda è che la cassa integrazione è uguale per tutti... morale : attenzione a ciò che si legge...