dico la mia. Iniziando dal contrario. Un grandissimo problema che imho c'è in Italia è che il "posto fisso" per antonomasia, quello statale per intenderci, sia davvero "troppo" fisso... Un giorno scopro che un mio cliente, militare, ha una busta paga dimezzata; indagando scopro che si tratta di una punizione della durata di 3 anni. In pratica questo personaggio è stato beccato a spacciare droga in caserma. Ora, in uno Stato civile ci si aspetterebbe un licenziamento in tronco; ma no, in Italia è davvero difficilissimo che uno statale possa essere messo alla porta. Ecco, questa è la mia idea di posto fisso: sacrosanto il diritto di ottenerlo, ma se sbagli (o se non produci) te ne vai, lasciando il posto a chi davvero se lo merita.
A partire dai manager, dovrebbe funzionare come nel privato, non sei stato capace ? Te ne vai e senza buonuscita!
esatto! il posto fisso deve essere un mezzo, non un fine! Dico un mezzo perchè proprio un lavoro sicuro ti può permettere quella tranquillità tale da farti lavorare serenamente e concentrarti sulla produzione; se invece diventa un fine, e quindi perchè lo si è raggiunto ci si rilassa, allora non ha senso mantenerlo. Il problema vero è che non c'è e non ci potrà mai essere un metro tanto valido per poter giudicare l'operato di tutti i settori statali (penso, ad esempio, agli insegnanti); però, cavolo, se spacci droga all'interno del tuo posto di lavoro te ne vai...
Un buon imprenditore non si fa scappare un lavoratore valido. Sia esso un gommista o un impiegato. Nelle imprese più grandi è certo più difficile mettersi in mostra e riuscire a far vedere il proprio lavoro ed i propri meriti.
durante le varie esperienze lavorative,se raccontassi le varie scappatoie spesso illegali,dei datori di lavoro,a cominciare dai contratti mai rispettati,la finiamo domani. le più comuni,contratti temporanei,con ore prestabilite che diventavano sempre il 15% in più e pagate se và bene in nero,retribuzioni non rispettate,essere constretti a licenziarsi,per poi farsi assumere dopo pochi giorni,insomma,chi conosce un minimo il mondo del lavoro e la precarietà,sà bene come funziona,ovvero come funziona l'italia....altro che posto fisso,qui non si rispettano nemmeno i contratti base....un pò meglio invece,funzionano le cose nelle grosse aziende o grande distribuzione,anche se pure li,si cercano scappatoie legali,per pagare il meno possibile.
Quoto sia 5amuel che Goldie. Da un lato il sindacato che con pretese INDEGNE ha messo in ginocchio il mondo del lavoro, da una parte lo Stato che non prende misure per ridurre il coste del lavoro. In questo contesto si innesta il fallimento del modello americano. Non è detto che ciò che funziona(va) oltreoceano sia necessariamente il modello globale. Da noi un giovane che ha bisogno di una macchina per andare al lavoro e di una casa di 100mq che è il minimo indispensabile per pensare al futuro è indebitato a vita. Negli USA sono andati a gambe all'aria con stipendi doppi o tripli dei nostri, case che costano quanto un garage e macchine a prezzi di discount. Siccome con due anni di lavoro negli USA compri casa si potevano permettere di rinunciare alla tranquillità di un posto fisso, da noi non lavorare per tre mesi equivale a non onorare il mutuo.
esattamente ha detto questo ... spero esattamente visto che ho copiato da Libero "Marcegaglia: “Cultura del posto fisso nefasta” - “Ovviamente nessuno è a favore della precarietà e dell'insicurezza, in un momento particolare come questo. Però noi siamo per la stabilità delle imprese e dei posti di lavoro, che peraltro non si fa per legge”, ha aggiunto Marcegaglia, elencando poi i problemi che ''la cultura del posto fisso” ha portato in Italia: ''un aumento della disoccupazione, del sommerso per esempio nel Mezzogiorno, e ha creato nella pubblica amministrazione questa logica dell'assenteismo e dei fannulloni tanto deprecabile”. La leader degli industriali si è detta favorevole ad una ''flessibilità regolata e tutelata, come quella fatta con Treu e Biagi, che ha creato tre milioni di posti di lavoro”. Secondo Marcegaglia, ''bisogna investire in formazione e in una migliore domanda e offerta che si incontrino, come peraltro è indicato nel libro bianco del ministro Sacconi”. In merito al peso della precarietà nei diversi settori, la leader degli industriali ha voluto ''sottolineare che l'industria è quella che fa più lavoro stabile; il grosso del precariato è nell'università, nella pubblica amministrazione e nella scuola. Bisogna dare una risposta a quello”. Per Marcegaglia ''la forza di questo paese non è la cultura del posto fisso, ma sta nei cinque milioni di piccoli e medi imprenditori che rischiano e vanno sul mercato e cercano di fare tutto il possibile anche in un momento come questo”.
Conosco imprenditori seri e imprenditori corsari. Questi ultimi sempre più numerosi non fanno distinzioni tra td. e ti. la regola è arruffiamo tutto ciò finchè si può ma non vale solo per i contratti di lavoro ma il fare impresa in tutte le declinazioni. Non racconterò perchè potreste addormentarvi, casi di lavoratori che devono subire i capricci dei loro datori di lavoro in ordine a moltissimi istituti contrattuali totalmente disapplicati, pur essentdo i lavoratori titolari di contratti a t.i. Nel solco della totale anarchia v'è anche da considerare che nonostante il lodevole sforzo del legislatore di dare linee guida e chiare al personale ispettivo e di vigilanza - vedi d.lgs 124 - nei fatti tutto si riduce a una valutazione amministrativa del rapporto lavorativo sicchè l'ispettore tende a trascurare le sfumature del contratto e a ricercare solamente il lavoro nero.
Dal titolo la Signora Marcegaglia sembrava aver detto una caz,ata ma leggendo l'articolo mi sembra tutto ben inquadrato.
e quando avremmo adottato noi il modello americano? e inoltre, di quale fallimento parli? Quoto invece la prima parte del tuo intervento. La Marcegaglia si avvia a diventare uno dei migliori presidenti di confindustria. P.S. grazie goldie, stavo cercando anch'io l'intervento della Emma:wink:
Il modello americano è quello che molti ci volevano prospettare, non che da noi sia stato adottato in pratica.
ok allora, anche se le leggi Treu e Biagi poco hanno a che fare con quel modello che è troppo diverso per motivi storici e culturali. Gli elementi di "flessibilità" sono poco efficaci se non accompagnati da una riforma profonda del welfare e dell'impianto fiscale. Da noi, come sempre, sono (stati) un'opportunità regalata ai più furbi.
Per me se l'impiego a tempo indeterminato fosse stato meno sbilanciato in favore del dipendente ci sarebbero meno imprenditori senza scrupoli. Invece, siccome il costo del lavoro è folle e in caso di problemi ha sempre ragione il dipendente, tanti hanno cercato delle scappatoie. Es: mio suocero non può mandare a casa una dipendente benchè sorpresa a rubare.
In realtà da noi la moltissimi lavoratori non ha tutela. O meglio è solo apparente: l'art 18 fa la differenza. Quanti sono i lavoratori delle piccole imprese che hanno meno di 15 dipendenti? Complessivametne la maggior parte della forza lavoro. Bene spesso ci si dimentica che con un pugno di euro, poche migliaia, questi lavoratori possono essere tranquillamente licenziati. Questa è la prima stortura che va rimossa, assieme alla riforma complessiva della giustizia del lavoro che vede i tribunali del lavoro, troppo carichi di cause e purtroppo il fallimento quasi totale delle procedure conciliative.
E' una delle revisioni profonde di cui parlo. Costo del lavoro e impossibilità del datore di lavoro di licenziare sono il frutto dei compromessi degli anni '60. Tornando alla flessibilità il modello adottato dal nostro legislatore è anch'esso frutto di un compromesso. In difesa delle posizioni acquisite si è intesa la flessibilità del posto di lavoro come spinta verso il precariato e non come riforma del mercato del lavoro.