Questa è una comparativa atipica perché confronta due mondi distanti oltre trent’anni tra loro. I mezzi in questione sono due icone del loro tempo, pur in ambiti differenti. La prima, la Jena, è una Mini HLE a cui è stato cambiato… tutto. Il motore è stato sostituito con quello di una Cooper S da 1275 cc, con una preparazione Kent per testa, albero a camme e scarico, oltre all’installazione di due SU 8 ad aspirazione libera, per un totale di 103 cv a 8.000 giri. Che per 750 kg di peso pronta all’uso male non sono. Inoltre sono stati modificati i cerchi (con l’installazione di cerchi Minilite originali da 10”), gomme (165 in vece delle 145), frizione (in rame), cambio (sempre a 4 rapporti ma ravvicinati e a denti dritti, fischia che è un piacere), sterzo (1 giro e ¾ da una parte all’altra) un ampio tetto apribile, e per finire gli inserti in radica rifatti da Koelliker (più poggiatesta, moquette in tinta, bracciolo, strumentazione supplementare, volante Motolita, etc, ect). La seconda , l’Erede, è una Cooper S da 184 cv automatica così com’è uscita di fabbrica (per ora). Iniziamo dai commenti su base statica. Dal punto di vista estetico sono due opere d’arte, la prima lo è ancora dopo che Alec Issigonis l’ha disegnata oltre 50, anni fa e la seconda … pure. Anche sul piano dello sfruttamento dello spazio interno si equivalgono. Nel senso che in quarant’anni i passi in avanti sono stati pochini. Vero che sull’Originale ho dovuto far installare dei supporti per arretrare il sedile (e visto che c’ero un sistema per regolare l’altezza dello sterzo per non dover guidare come un camionista) però se sui posti anteriori ci sto comodamente in entrambe, dietro la situazione è a leggero vantaggio di quella d’epoca. Il bagagliaio è una barzelletta per entrambe. Siamo a 180 litri della prima contro i 165 dell’Erede, che disporrà pure del portellone però, insomma…. Veniamo alla parte motoristica. Sotto il profilo delle good sensation il 4 cilindri aspirato distanzia il povero turbotarpato (dalle normative antinquinamento) di una distanza siderale. Sentire ‘staffare che sino a 3.000 zoppica, poi inizia a girare rotondo sino a 5.500 per poi esplodere (questo si, come un turbo) sino a 8.000 giri/min è un vero godimento. Come un godimento è scalare le marce e sentire l’avantreno che si pianta per il freno motore, facendolo quando vuoi e al regime che vuoi, consentendoti di piantare delle staccate che neanche Alonso in fondo al rettilineo a Monza. Purtroppo l’automatico di cui ho deciso di dotare il neo acquisto ti obbliga a preavvisare con una telefonata il desiderio di scalare, e anche quando hai chiamato, prima che ti risponda sei già per le vie di fuga (o contro il muro, dipende da dove hai staccato…). Certo, sotto la voce “stabilità” un aiutino i freni da 294 contro quelli da 180 (se va bene), oltre ai vari sistemi di compensazione tra ant e post e Abs, lo danno. Anche se, mentre quelli dell’anziana signora dopo 6 frenate 6 diventano letteralmente inesistenti e non c'è nulla da fare, gli oltre 1.300kg della S temo mi costringeranno ad un upgrade con i baffati e forati da 316 (questo sempre per limitare al massimo il numero delle cozzate a muro, sempre disdicevoli). La tenuta è da go kart per entrambe con una stellina a favore della secondogenita. Altro non fosse per il passo più allungato di mezzo metro (che poco non è) e per tutte le tecno*******te di cui è dotata. Certo, se vuoi provare l’emozione di piantare un pendolo prima di un tornante semplicemente girando il volante di una ventina di gradi e alleggerendo il gas (ho detto alleggerendo, non staccando, perché altrimenti ti giri) l’Originale è il giocattolo che fa per te. In realtà anche la R56 (sempre magari disinserendo i controlli) ha uno spiccato senso al sovrasterzo; così spiccato che se vuoi guidare con la scimitarra in mano, sul misto stretto, di auto che ti stanno dietro ce ne sono poche: davanti, forse nessuna. (Quest’attitudine al sovrasterzo è bene gestirla con attenzione: in uno dei primi test per capire come prenderla mi sono ritrovato sulla corsia di emergenza di un’autostrada a 3 corsie, partendo da quella di sorpasso, perché in un curvone a 180 ho provato a mollare di colpo il gas: manovra poco salutare con 247 cm di passo, un assetto da gatto e pure dei runflat che assorbono come delle ruote da carro medioevale). Comunque, per chi ha qualche anno più di trenta, la guida della nuova Mini assomiglia molto a quella di un’altra bomba d’antan: la Renault R5 Turbo. Capitolo prestazioni. Qua, nonostante il rapporto peso potenza pressoché identico (siamo attorno ai 7,3 cv/kg per entrambe ready to go) la vegliarda le prende di sana ragione: sul canonico 0-100 siamo a 8,2/8,3 (cronometraggio a mano) contro i 7,2 (dato dichiarato dalla casa); anche se come parziale scusa va detto che la vecchietta per arrivare a 100 km/h, complici i rapporti ravvicinati del cambio, deve infilare anche la terza… Sulla velocità massima il confronto poi non esiste: 156 (dato acquisito con GPS) a 8.100 giri in 4° contro … oltre 240 in 5° - tachimetrici - in realtà sono meno di sicuro (in sesta arrivi a malapena a 220 di tachimetro a poco più di 4.000 giri…). Dato dove l’Originale batte la Remaked è nel consumo: ovvero beve molto di più. In città, con una guida poco criminale (per quanto la coppia lo consenta) con il 1300 aspirato siamo attorno ai 4/5 km con un litro contro gli 8 tranquilli del 1600 turbo. In autostrada a 120 l’Originale arriva si e no a 5 contro i 14 della giovane copia (anche se “autostrada” è un ambiente impossibile per Piccola Anziana. Infatti non è possibile tenere il gas costante a causa della particolare alzata delle valvole e conseguente tempesta di flusso nei cilindri della miscela). In conclusione: la Mini del 1980 è una specie di amante (pure ribelle) con la quale ti puoi divertire saltuariamente, mentre la Cooper S di oggi la possiamo paragonare alla fidanzata (o fidanzato, non voglio essere sessista) con la quale/il quale magari non convolerai a nozze per la vita, ma un pensiero a lungo termine lo fai.