Oddio, Leopardi non la pensava proprio così, anzi era ipercritico sul suo tempo e vedeva nero anche il futuro: non per niente nella "Ginestra" scrive: "Dipinte in queste rive / son dell'umana gente / le magnifiche sorti e progressive", con un'evidente ed ironica critica al positivismo dell'epoca, che vedeva nella vita e nella società una continua evoluzione in senso positivo...pensiero che secondo me si può associare benissimo al tempo d'oggi, un'epoca di declino inarrestabile specie dal punto di vista morale. Io non sono affatto un positivsta, penso piuttosto che la storia sia fatta di continui alti e bassi...come diceva Vico, "corsi e ricorsi storici":wink:
Verissimo Si capisco cosa dici,il mio riferimento non era più letterario:wink:...forse non mi sono espresso bene....intendevo dire che la prova del fatto che Leopardi sosteneva,e cioè che è più appagante l'aspirazione e l'attesa nell'ottenere qualcosa,si riflette nei giorni nostri,con il fatto che ci sia una costante ricerca del nuovo,in tutti i campi (ricerca dovuta alla necessità di provare "piacere" nell'aspirare a qualcosa (di nuovo))....emancipando in questo modo,le prospettive evoluzionistiche che ci hanno sempre caratterizzato....se non avessimo questo desiderio,unito alla nostra bramosia di "sapere",credo che non ci sarebbe sviluppo
Il mio punto di vista è che Leopardi e l'antitesi della frase, l'idea che ho di Leopardi in fondo è di un poeta estremamente pessimista, altro è Orazio nella sua frase, titolo del post che rivolgeva il verso ad una fanciulla come fosse un invito a cedere all'amore. IL mio thread, prende spunto da fatti che accadono spesso intorno a noi, si può vivere bene spensierati pensando di caversela sempre ed è così e invece pensare di non riuscire non provarci e restare nella vita sempre sul filo del rasoio vedere tutto quello che ci circonda negativo e rendersi conto che non esiste altro. Secondo voi è giusto o meglio cosa è giusto e cosa no?
Collegandomi al discorso di Paolo, vorrei offrire un'ulteriore spiegazione di questo pensiero oraziano. Orazio ha qui voluto affermare che bisogna cercare di far fruttare al meglio questo giorno nel quale viviamo, quindi non viverlo alla leggera, appunto perchè è uno degli ultimi ( o proprio l'ultimo ), ma vivero in vera e totale pienezza, cercando di seminare per l'avvenire un gran numero di futuri frutti. Far fruttare ciò che si è fatto oggi vuol dire raccogliere il giorno (carpe diem). Una piccola considerazione su Leopardi: credo che egli, tutto sommato, aveva realizzato un nuovo modo di pensare, dopo il suo trasferimento a Napoli. E proprio nella "Ginestra", egli ha voluto sottolineare la forza di volontà (che poi sarebbe volontà di vivere e lottare contro la stessa vita) di un essere vivente, seppur consapevole di una fine quanto più prossima e distruttiva.