Io comincio a pensare che siamo alle porte di una rivoluzione in F1: dopo lo studio dei flussi SOPRA la vettura, quelli SOTTO la vettura, ora si cominciano a studiare quelli DENTRO la vettura.
Uno SMS da Luca Pubblicato da Leo Turrini Gio, 22/04/2010 - 09:16 Ieri ho ricevuto un SMS dell’ex presidente della Fiat, anche ex presidente della Confindustria e della Federazione Italiana Editori Giornali e della Sagra del Tartufo di Ovindoli e della Fiera del Mobile di Canicattì, ma ancora presidente della Ferrari. Naturalmente non ne rivelerò il contenuto. Posso però evocare la sostanza: Montezemolo, il numero uno con il ciuffo a tergicristallo, è contento di avere di nuovo ‘molto tempo’ a disposizione per curare la salute del Cavallino. E allora mi è venuto in mente un episodio del 1996. Ero a Tokio. Stavo seguendo due avvenimenti (dal multipresidente al multinviato, ehm ehem) in contemporanea. L’ultimo torneo internazionale dell’Italia di Julio Velasco, meravigliosa realtà della pallavolo planetaria. E la finale della Coppa Intercontinentale di calcio, Juventus contro River Plate, vinta dai bianconeri 1-0 con bellissimo gol di Alex Del Piero . Era novembre e stavo in uno di quegli hotel da film, non so se avete visto ‘Lost in translation’ della figlia di Coppola o ancora prima ‘Black Rain’ di Ridley Scott (ambientato però ad Osaka). Insomma, in hotel così ci si perde e figuriamoci la mattina che arriva una telefonata di Ciuffo, all’epoca già presidente di Ferrari. Sono a Tokio anch’io, dice. Per il Salone dell’Auto. Venga qua, al mio albergo, che facciamo colazione assieme. Tranquillo, il Pinguino è lost in Italy, cioè è rimasto a Maranello. Bene. Cioè, male. Odissea. Bisogna attraversare la megalopoli. Il taxista non parla inglese. Avventura fantozziana, comunque arrivo. E’ già tempo di pranzo, ma va bene lo stesso. Fu lì, a Tokio, che Montezemolo mi anticipò l’imminente assunzione di Ross Brawn e di Rory Byrne. Schumi garantisce che sono i migliori e che sono indispensabili, il Pinguino è d’accordo e allora li prendiamo, spiega l’avvocato (allora con la minuscola). Non debbo ricordare a voi, bloggari e bloggare di rara competenza, quanto siano stati importanti Brawn e Byrne nello sviluppo e nella crescita di una Ferrari che poi sarebbe diventata imbattibile. ‘Saranno la nostra B.B.’, mi disse quella mattina, molto soddisfatto, un Ciuffo in grande forma. E aggiunse: vede, piano piano la nostra azienda sta tornando al centro della attenzione, se Brawn e Byrne accettano di trasferirsi in Italia certo lo fanno perché con noi c’è Schumi, ma evidentemente credono che in Emilia sia possibile lavorare nel migliore dei modi. Stiamo tornando di moda ai box, ecco. E mi creda, non dipende solo dai soldi, ci sono altri che ne hanno da spendere come noi, se non di più. Era vero. E’ stato vero. Quasi quindici anni dopo (ed è questo che, via SMS, certo non potevo chiedere al presidente) mi domando se, a proposito di Ferrari, sia ancora possibile dire la stessa cosa. Oggi, per fare un esempio, un Newey, se considerato necessario da chi comanda a Maranello, verrebbe? Non lo so.
21 Apr 2010 Alonso ha chiarito le cose in squadra di Carlo Cavicchi Archiviato anche il GP di Cina, che senza la safety car intervenuta giustamente per liberare la pista dai detriti dell’ala di Alguersuari Button poteva vincere con 40” di vantaggio sul secondo classificato (nessuno lo ha sottolineato, ma non è una novità), l’argomento che più a tenuto banco è stato il sorpasso di Alonso su Massa nella corsia che porta ai box. Tutta l’attenzione mediatica è stata allora messa sul dopo-fattaccio, cioè sulle possibili polemiche e sugli eventuali rancori tra i due piloti, con gli incendiari schierati da una parte e i pompieri dall’altra, ma il nocciolo della questione andrebbe tutto focalizzato sul prima, sul perché il “fatto” è successo. Alonso è un campionissimo, ha già vinto due titoli mondiali, si sente la prima guida del team ed è pagato come tale. In Ferrari, però, Massa è ottimamente piazzato; ha talento e qualità di guida, ha dato molto alla squadra, in più nessuno, nel reparto corse, si sente di considerarlo una seconda guida, almeno finché la situazione di classifica o l’andamento del campionato non chiariscano sul campo le gerarchie. Sottolineare che tutto questo allo spagnolo non vada molto a genio è superfluo: Fernando è intelligente e sempre di più un ottimo gestore di emozioni, però in carriera ha già vissuto qualcosa di abbastanza simile ai tempi della McLaren e vorrebbe uscire in fretta da questo incubo. Nelle prime tre gare si è adeguato al bon ton, ha accettato di non attaccare il compagno di squadra e ha atteso invano ordini di squadra che non sono arrivati e che, onestamente, non potevano nemmeno arrivare non essendoci un allenatore sul campo talmente autorevole da potersi permettere scelte impopolari. Ci voleva, pertanto, un’occasione, un episodio, per sparigliare le carte e imporre la legge del più forte. Giacché di strategie differenti tra i due piloti non se ne parla mai, e proprio per non scontentare nessuno, Alonso non ci ha pensato due volte quando ha visto un pertugio (rischioso, feroce, ma lecito) per sopravanzare il compagno guadagnando poi posizioni, credito e leadership. Sorpassando Massa al limite dello sfregio, ha insomma chiarito chi è che comanda in squadra. Adesso si è preso il pallino e di conseguenza, se non commetterà altri errori un po’ inutili come la partenza anticipata in Cina o la foga della Malesia, sarà lui il pilota di punta delle Rosse. Il campionato è ancora lungo, ma non gettare nessuna opportunità sarà indispensabile tanto più che, come si era già scritto qui già prima del via della stagione, la McLaren sembra avere un vantaggio evidente in ottica mondiale costruttori grazie alla coppia decisamente più solida per andare sempre a punti. Tutto il contrario per il titolo piloti: Alonso è ancora uno dei favoriti, lo può vincere e lui lo vuole fortemente. Contro Massa non ha (ancora) nulla: semplicemente se l’è voluto togliere dai piedi prima che in Ferrari si facessero altre idee… QR
Concordo con l'analisi di Cavicchi e aggiungo che Alonso ha fatto bene, dai box con il peso che Massa ha politicamente in Ferrari per via degli interessi FIAT in Brasile di ordini di scuderia non ne sarebbero arrivati se non a fine stagione con Massa eventualmente fuori dai giochi matematici per il titolo. A mio parere l'unica nota lieta del weekend cinese Ferrari è che Alonso si è rotto i marroni del politicamente corretto ed ha tracciato nettamente la via che intende seguire
w3Opd6on0nk e quando abbiamo un pò di tempo facciamoci anche due risate (o due lacrime )con i soliti strafalcioni della mitica banda rai
Ha fatto benissimo, concordo in pieno! Se continua a star dietro a Massa, tra 3gare si ritroverà con + di 50punti di distacco....
scusate l'ignoranza mi spiegate bene bene glio interessi politici circa Massa.....magari paragonandolo all'esperienza di Barrichello precedentemente......sono mentalmente limitato lo ammetto...
Bravo Alonso, meglio un sorpasso da leone... Ciao a tutti. Nonostante nel tempo trascorso dall’uscita del precedente articolo di questa rubrica ad oggi la F.1 abbia fatto tappa anche in Malesia (con una gara tutto sommato piuttosto divertente), questa volta voglio incentrare il mio commento sul GP di Cina. E solo su un aspetto in particolare, nonostante gli spunti di discussione conseguenti alla corsa di Shanghai siano molto numerosi. Mi aspetto che quel che sto per scrivervi possa sollevare qualche polemica, ma voglio correre il rischio. Per spiegarvi quanto intendo dirvi la prenderò un po’ alla larga, premettendo e precisando alcune cose. Premetto che, nonostante oggi corra solo sull’handbike, nonostante abbia 43 anni, sono e mi sento, soprattutto, un pilota. E da pilota voglio ragionare analizzando le due-tre cose più importanti successe durante la gara cinese. Non mi sento all’altezza, in quanto a velocità pura, dei piloti che attualmente popolano il Mondiale di F.1. Questo non perchè mi ritenga una “pippa”, ma perchè oggi in F.1 dal punto di vista velocistico sono tutti maledettamente bravi. Per come è concepita la massima espressione dell’automobilismo, chi è maledettamente bravo sul giro di qualifica ottiene la pole e chi è maledettamente bravo a tenere un certo ritmo poi riesce a vincere le gare. A noi spettatori televisivi, la F.1 ce la stanno vendendo così. Per fortuna, però, in un campionato di diciannove gare accadono imprevisti che scombinano quella che sembra quasi una sequenza di operazioni matematiche, più che una gara sportiva. Imprevisti come la pioggia, ad esempio. Ultimamente sta piovendo spesso. Sembra che l’abbiano fatto apposta, ma la mia è una battuta, a programmare il calendario in periodi e luoghi in cui le precipitazioni piovose sono più probabili. A tutto vantaggio dello spettaolo perchè le gare sul bagnato solitamente sono bellissime. Non sempre, dicevo, le gare sono una sequenza di: faccio la pole-parto-vado via-vinco la gara. Talvolta qualcosa può andare storto. Un pilota, un essere umano, può sbagliare una partenza anticipandola di una frazione di secondo. Giustamente penalizzato, poi questo pilota si trova nella condizione di dover “raddrizzare” la sua gara. In questo caso essere maledettamente bravi non basta. Occorre qualcosa di più dell’essere maledettamente bravi. Qualcosa che possiedono solo alcuni fuoriclasse. Mi riferisco alla manovra di sorpasso di Fernando Alonso a Felipe Massa nella curva a sinistra della corsia di decelerazione di ingresso ai box. Ritengo quel sorpasso nettamente più significativo della pur importante e limpida vittoria di Button. Jenson sta smentendo coi fatti quanti ritenevano (ed io ero tra loro) che avesse commesso un errore ad accasarsi alla McLaren, in casa del “fenomeno” Hamilton. Auguro al campione del mondo in carica di proseguire su questa strada, in barba ai detrattori che, me compreso, continuano a ritenerlo non un fuoriclasse istintivo come il suo compagno di squadra o come Alonso. Parlando di Hamilton, ho più volte dichiarato quanto lo stimo e cosa penso del suo talento esplosivo. Di certo ha un po’ bisogno di “tarare” il suo acume tattico, e credo ci riuscirà con un po’ più di esperienza. Tornando al discorso Alonso-Massa-Ferrari, beh, credo che Felipe abbia un talento velocistico che anch’io invidio. Penso sia allo stesso livello dei migliori piloti di F.1, Fernando compreso. Però a Massa manca una cosa di cui Alonso dispone in quantità esuberante: la capacità di inventare istintivamente una manovra di sorpasso, un’azione, un diversivo, un gesto atletico. Qualcuno, ahimè, scambia questa capacità rara per mancanza di correttezza. Così come i cambi di traiettoria di Hamilton nei confronti di Petrov nel Gp di Sepang. Non si trattava di scorrettezza: Lewis non ha compiuto manovre pericolose nei confronti del pilota russo, cercava solo di non fargli prendere la scia. L’inglese ha zigzagato finchè l’altro non gli è arrivato sotto, allorquando un altro cambio di traiettoria avrebbe significato portar via il muso della Renault con una ruotata. Johnny Herbert, tra l’altro mio caro amico e ragazzo molto intelligente, membro del collegio dei commissari in Malesia, ha compreso perfettamente questa cosa ed ha deciso giustamente di non punire Hamilton. La realtà è che in manovre come quella di Alonso su Massa si vede la differenza tra chi è solo meravigliosamente veloce e chi possiede anche quel genio tale da meritarsi seduta stante lo status di prima guida. Se la Ferrari vuole vincere il Mondiale contro squadre e piloti del livello eccelso presente oggi in F.1, deve puntare su Fernando. Non per questo non deve mettere in condizioni Felipe di vincere delle corse, tutt’altro. Ma se dovessero riproporsi situazioni come quelle dell’Australia o della Malesia, nelle quali dopo una rimonta Alonso si è trovato alle spalle di Massa, ecco, a mio avviso a quel punto, al muretto dei box del Cavallino qualcosa dovrebbe accadere. Ho sempre apprezzato molto il motto: “Meglio un giorno da leone che cento da pecora”, e credo di aver dimostrato nella mia carriera di sportivo di essere stato sempre più portato a vivere giornate di gloria che ad effettuare calcoli che mi dessero soddisfazione a fine anno. Ciò è capitato in gare in cui qualcosa era andato storto e, guidando la miglior macchina del lotto, nel miglior modo possibile, rimontavo in modo sensazionale. Questo ha fatto sì che nel mio cuore restasse scritto qualcolsa d’indelebile: i ricordi più belli. Se dovessi evidenziare i momenti migliori della mia carriera, beh, li legherei a giornate in cui sono riuscito a fare qualcosa di speciale piuttosto che a gare con le quali mi sono aggiudicato la coppa di vincitore del campionato. Sono affezionato a questo genere di pilota che credo oggi sia incarnato da Lewis Hamilton e Fernando Alonso. Ossia a coloro che al momento opportuno sanno inventarsi qualcosa di diverso. Che riescono a vedere cose che gli altri non vedono (chissà che tra non molto anche Vettel entri a far parte di questo “club”). Il mio ragionamento è romanticamente collegato alla F.1 del passato ed alla F. Indy che ho vissuto io, nelle quali i sorpassi erano possibili nel momento in cui avevi l’audacia di preparare e tentare una manovra a sorpresa (ma tale solo per gli altri). Oggi se in F.1 i sorpassi sono un evento raro, non è per colpa dei piloti. Mi viene da ridere quando sento dire che questi piloti non han voglia di sorpassare, che aspettano solo i pit stop. Non è vero: queste macchine sono diaboliche da questo punto di vista, ed evidentemente gli interventi sul regolamento tecnico introdotti per favorire i sorpassi sono sbagliati. Tuttavia la maggioranza dei piloti sono assopiti dal torpore che la F.1 impone loro. Qualcuno però che capisce in un battito di ciglia che c’è una possibilità da sfruttare, fortunatamente c’è, e ieri lo abbiamo visto bene. Concludo dicendo che la Ferrari sa di disporre di un pilota così, anche perchè se lo è andato a cercare essendo disposta a pagare un prezzo alto per lui (non solo il suo ingaggio, intendo, ma anche il “sacrificio” di Raikkonen). La Ferrari ce l’ha e deve cercare di sfruttarlo al meglio. Il plus di Alonso non è il bel carattere od il fatto che parli italiano. Schumacher ai tempi del Cavallino non lo faceva, mentre adesso lo fa, forse per cercare di conquistare i tifosi italiani con la simpatia, dato che in pista, almeno per il momento, non riesce a far scaldare i cuori (e scusate la punta di malignità). La Ferrari dovrebbe sfruttare al 100% in pista Alonso per un logico senso di convenienza. Tutto qui. Alla prossima. Alex Zanardi
Trovata la ragione dei guasti al V8 Ferrari Formula 1 - Ferrari: ecco perché si rompono i motori Share 0diggsdigg La Ferrari ha messo alla frusta i propri ingegneri in quel di Maranello al fine di venire a capo del problema che ha afflitto i propulsori della monoposto di Alonso (due rotti nelle prime gare, davvero troppo). Ed alla fine il problema è stato individuato: un problema che è sempre esistito ma che, negli scorsi anni, era evitato grazie alle soste per il rifornimento. Ma veniamo al dettaglio: il problema è stato individuato nella tenuta delle valvole pneumatiche che non riescono a mantenere l'aria in pressione. Con la fuoriuscita dell'aria e la conseguente riduzione di pressione nel circuito che "alimenta" le valvole, l'olio lubrificante riesce ad entrare nel sistema riducendo di fatto il volume d'aria ed aumentando la pressione (quindi minor potenza e motore sotto stress maggiore). Negli scorsi anni, così come anche in questo mondiale, un meccanico provvede ad effettuare il refill del circuito durante il pit stop, scongiurando quindi il problema. Peccato però che se l'anno scorso i pit stop (causa rifornimento) erano equamente divisi durante la gara, quest'anno (con l'abolizione del rifornimento) sono più spostati verso l'inizio della gara stessa, quando il circuito è ancora più o meno carico: la conseguenza è che, a fine gara, il poblema si presenta, creando le due rotture a cui abbiamo assistito. La Ferrari dovrà ora dimostrare alla FIA quanto qui raccontato al fine di ottenere l'autorizzazione alla modifica dei propulsori in nome dell'affidabilità (è previsto dal regolamento). In attesa della modifica, le strategie ai box saranno purtroppo condizionate da questo problema, sacrificando eventualmente la gara pur di portare le monoposto al traguardo. Anche perché i due motori attualmente sulle monoposto non sarebbero oggetto di modifiche, e con Alonso già privo di due unità (sulle otto autorizzate per il Mondiale), il motore attuale dovrà durare non poche gare (addio prove al venerdi per la Ferrari?).
La saga dei Tre Pipponi Pubblicato da Leo Turrini Gio, 22/04/2010 - 22:30 Abbastanza spesso sono stato invitato, da alcuni tra voi, a raccontare la breve storia dei più grandi Pipponi del volante da me visti all’opera di pirsona pirsonalmente, come direbbe Catarella a Montalbano. Stavolta ottempero, parto con tre nomi, vedremo poi se sarà il caso di approfondire. Prima di procedere, alcune sapide e rapide puntualizzazioni. A) Amici schumacheriani irriducibili, state e stiamo calmi. Otelma è impazzito, ha messo di mezzo una cuoca (così ci siamo capiti) e si affida ad esoterici segreti per confidare nella riscossa. Dai, figlioli. I miracoli non esistono, almeno in Formula Uno. Se Michael ne ha ancora, lo vedremo presto. Ma dipende da lui (c’è ancora? Oppure no?) e in buona parte dalla macchina (già scritto, prima che iniziasse la stagione: in F1 il pilota ‘in esclusiva’, mi dispiace per i romantici, non va da nessuna parte). Io non lo vedo benissimo, per ora va malissimo e Rosberg lo sta massacrando, mi auguro fortemente di sbagliare e però evitiamo di scivolare nel patetico, almeno tra noi, almeno per noi. B) Sulla intervista di Briatore, un attimo di attenzione. Guardate che nel giornalismo, quando si accoglie il parere di Bruto o di Cesare, mica significa che il cronista sta con Bruto o con Cesare. Capisco che siamo nell’Italia berlusconiana, moggiana, eccetera, ma non è così. Io intervisterei volentieri pure il Diavolo. Se ne riportassi le opinioni, sarei un seguace di Satana? Ma stiamo scherzando?!? C) Bene, il primo pippone al quale mi dedico è un giap. Takagi!!! Chi se lo ricorda? Lo vidi sulla Tyrrell nel 1998 e poi sulla Arrows. Era un gran divoratore di sushi e aveva di se stesso una opinione formidabile. Si presentò dicendo: sarò il primo asiatico a vincere il mondiale. In realtà, si trattava di un mitomane. Ci fu un Gran Premio (forse eravamo in Argentina, oppure in Australia, boh) nel quale al verde scattò con la quinta innestata. Un eroe, per dirla con Gianni Minà. Un’altra volta, in corsia box, sembrava un kamikaze della Seconda Guerra mondiale, quasi mutilò tre meccanici e due ingegneri, dimenticandosi di frenare. L’ho amato tantissimo, lo chiamavo ‘il Mansell di Hokkaido’, anche se Hokkaido con le sue origini non c’entrava un accidente ma mi ispirava la definizione. L’ho perso di vista, forse ha aperto un ristorante di sushi, forse traffica con contrabbandieri nord coreani, forse si è imbarcato su un cargo battente bandiera liberiana. 32 presenze tra il 1998 e il 1999, credo che Schumi ed Hakkinen lo abbiano doppiato almeno cento volte a testa. Come dice Balotelli quando non vede Materazzi: dov’è quel fenomeno, mi manca… D) Vabbè, sullo sterminatore di randagi qui mi sono già espresso. Ma recupero volentieri il ricordo di Gaston Mazzacane. Veniva dalla Pampa, un Minardi disperato lo fece debuttare nel 2000 per esigenze di cassa. Mazzacane era un pazzo. Secondo me tra Cordoba e Medellin aveva davvero decimato innocenti bastardini e incolpevoli cocker. Una volta lo incontrai da vicino, aveva uno sguardo da serial killer. Forse non si era limitato ad eliminare i cani, boh. Pretendeva di parlare solo in spagnolo e non inglese, per protesta contro l’occupazione (diceva lui) delle Isole Falkland. Avesse guidato il bus delle scuole elementari dove andavano le mie figlie, mi sarei orrendamente preoccupato. Ma allo sterminatore di randagi debbo una scoperta dolorosa e però necessaria: nel 2001 Alain Prost (Prost, dico Prost!!!) gli affidò per un po’ la macchina che portava il nome suo, il nome di un quattro volte campione del mondo. Mi fu chiaro che il Prost imprenditore aveva zero possibilità di successo. Quanto a Mazzacane, ignoro dove si sia inabissato. Forse pilota un sottomarino al largo delle Malvinas, in attesa di una improbabile Reconquista argentina. Se passa un altro sommergibile, di sicuro ci scappa la clamorosa collisione. E) Per amor di patria, debbo anche citare un amico italiano. Il Conte Lavaggi!!! Era davvero Conte, aveva ascendenze siciliane, per me era un lontano parente del Gattopardo. Ma con la simpatia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Con lui, stagioni 1995 e 1996, mi sono fatto grasse risate. Al volante, di una Pacific prima e di una Minardi poi, era sinceramente pittoresco. Ma vorrei vedere voi al volante di certe carriole. E comunque il Conte era sempre gentilissimo, girava in compagnia di affascinanti creature femminili e se ci fosse stata bagarre con Mazzacane e con takagi giuro che li avrebbe distrutti. Una sera a Montecarlo mi chiese: tu come mi vedresti in coppia con Schumi? Gli risposi: hai tante possibilità quante ne ho io di scopare Claudia Schiffer. Restò un attimo basito, poi scoppiò a ridere, mi abbracciò e disse: minchia,mi sa che hai ragione. (continua, forse).
mah che io mi ricordi l'anno scorso come quelli passati, durante i rifornimenti non veniva fatto mai fatta la ricarica del circuito, se non i palesi casi di perdita di pressione....
L'Isola dei Penosi ai box Pubblicato da Leo Turrini Dom, 25/04/2010 - 00:25 Sulla mia personalissima Isola dei Penosi, idealmente collocata all’interno di un box da Gran Premio, c’è posto per almeno altri tre piloti e per altre tre storie, che in fretta vado a raccontare. Prima, però, concedetemi di rivolgere un affettuoso augurio di buon compleanno al bloggaro (Born to be) Abramo, che se non ho capito male taglia il traguardo dei trent’anni (ma ne dimostra 25, parola di sua moglie) con splendida disinvoltura. E adesso andiamo. IN GALERA. Era un giovedì di fine agosto del 1991, Abramo andava ancora all’asilo. Trafelato come al solito, entro in sala stampa a Spa Francorchamps, sulle Ardenne. Mi si para davanti un collega francese e fa: firma qui, è la petizione che a nome di tutta la gente della F1 stiamo preparando per un giudice inglese. Stupito, chiedo come mai. Risposta: a Londra hanno arrestato Gachot, il pilota della Jordan. Il poverino ha litigato con un poliziotto per un parcheggio ed è finito in gattabuia, ma se chiediamo che venga rilasciato forse ce la fa ad arrivare qui in tempo per le prove libere di domattina… Ora, Gachot, per dirla tutta, al volante non era un cagnaccio. Ma se ne fosse stata ottenuta la scarcerazione, presumibilmente la carriera di un certo Michael Schumacher, scelto per rimpiazzare il galeotto, sarebbe cominciata in modo diverso. Ovviamente il Ciccino di Otelma sarebbe emerso comunque, per manifesto talento ed enorme superiorità sui contemporanei. Però, senza il settimo tempo in qualifica nel Gp del Belgio, alle spalle delle due Williams, le due McLaren e le due Ferrari, beh, Briatore non lo avrebbe notato, alla Benetton non gli avrebbero spalancato l’uscio, insomma diciamo che ci sarebbe voluto più tempo. Ma torniamo a Gachot. Io la petizione non la firmai: saltò fuori che aveva aggredito il ‘bobby’ londinese e un pit stop dietro le sbarre rappresentava una buona soluzione (non eravamo ancora, noi italiani, al simpatico livello odierno, con i ladri che accusano le guardie, alla fine si dice che i magistrati sono tutti comunisti e buonanotte suonatori, l’importante è che la giustizia sia implacabile con sfigati e stranieri, il resto si aggiusta). Inoltre, chissà, forse avevo un sospetto. Sostando meritoriamente in prigione, Bertrand Gachot si stava ritagliando un posticino nella storia dell’automobilismo. In effetti, non c’è libro dedicato a Schumi che non rammenti il rocambolesco avvio di carriera, la convocazione al posto di un galeotto e bla bla bla. Senza quell’episodio, oggi Gachot non se lo ricorderebbe nessuno. IL BIONDINO. Calma. Cioè, calme. Non sto per parlare di Kimi, ma di un altro biondino, anzi, del primo biondino in salsa ferrarista da me conosciuto. 1985. Sono in redazione a Bologna un giorno qualsiasi e arriva una notizia bomba: il Vecchio ha cacciato Arnoux su due piedi, per ragioni che è meglio non rivangare. E ha deciso di sostituirlo con uno svedese: Stefan Johansson. Ah, Johansson!!! Che terrificante Pippone! In vita sua ha avuto il culo di guidare la Rossa per due stagioni e poi anche la McLaren. Risultato: zero vittorie. Zero. Ma io sono affezionato al suo ricordo e adesso spiego perché. Dovete sapere che questo biondino debutta a Imola, con la Ferrari. Siamo appunto nel 1985 e per la prima volta io vengo spedito come inviato ad un Gran Premio. Cioè, debuttiamo in due. Io e lui. Debbo avergli portato sfiga. Succede poi che al sabato, dopo le qualifiche, nel garage della Rossa me lo trovo davanti, lo svedese. Siamo soli (nell’immenso vuoto che c’è, Raf docet). Io e lui. I debuttanti, appunto. Prendo coraggio e gli dico: Stefan, quanto tempo pensi ti servirà per adattarti alla Ferrari? Risposta: sei un giornalista? Io: sì. Replica sua: merde siete e merde resterete. Oddio, non disse proprio così, questo è un coro da stadio, ma questa fu la sostanza. In breve: un tipetto algido, scontroso e molto, molto, molto scarso. Gachot è nella storia per avere lasciato il posto, causa manette, a Schumi. Di Johansson pochi lo rammentano, eppure in McLaren, a fine 1987, lasciò il posto, senza manette, ad un certo Ayrton Senna. Vi assicuro che Prost, nel cambio, ci rimise moltissimo. LA DONNA. Sto per congedarmi e mi appello ad una fresca notizia di cronaca. Da qualche parte, giusto ieri, hanno arrestato il bandito che una trentina di anni fa sequestrò l’allora giovanissima Giovanna Amati, Pare che l’innocente fanciulla si fosse innamorata del rapitore. Affari loro, eh. Io la Amati l’ho conosciuta nei primi anni Novanta, quando con una presunta Brabham tentava vanamente di superare lo scoglio delle prequalifiche (madonna, come sono vecchio: c’ero pure ai tempi delle prequalifiche!!!). Il suo compagno di squadra era un certo Damon Hill. Di Giovannina ricordo una delirante intervista, nella quale proclamava di avere un certo margine ‘di piede’ sul figlio d’arte, cioè Damone. I colleghi inglesi andarono dal giovane Hill a riferire. Damone, sempre molto educato, replicò con un sobrio commento: ‘Voi giornalisti andate pure a cagare e a Giovanna dite di andare a fare la calza’. Molto scorretto, non ci piove. Peraltro a me Hill è sempre piaciuto, ma quando ho bevuto due vodke mi viene da pensare che da Danica Patrick, l’eroina delle corse Usa sugli ovali, magari le beccava. (continua, se ne ho voglia)
A proposito di Arnoux Pubblicato da Leo Turrini Lun, 26/04/2010 - 10:40 Ragazzi e ragazze, voi mi provocate! Adesso volete sapere la storia di Arnoux e del suo licenziamento. Ci sta pure l’anniversario ‘simbolico’: sono giusto passati anni venticinque, dunque Abramo ancora non era nato, Otelma e Odin pure, insomma, beati voi. Io, comunque, me la ricordo così. Arnoux, detto Renatino come Vallanzasca, era stato l’antagonista di Gilles nell’indimenticabile duello ruota a ruota in quel di Digione. Il Vecchio era rimasto impressionato, come tanti, come tutti. In morte di Villeneuve, tentò di portare subito a Maranello il povero Alboreto, ma Michele era bloccato da un contratto. Dunque, a fine 1982 arriva Renatino, come Vallanzasca. Arboux era un mito e sono sincero. Due anni fa abbiamo fatto una conferenza assieme e ci siamo commossi tra fiumi di memoria e brandelli di emozioni. Renatino, come Vallanzasca, non aveva limiti. Era, se possibile, un pilota ‘vecchia maniera’, whisky sesso and rock and roll e magari pure qualcos’altro. Lo conobbi di persona nel 1983. Lui aveva un amico strano strano in provincia di Modena, lo strano strano naturalmente era anche amico mio e costui mi disse: guarda, una sera ti porto Arnoux negli studi della tua sgangherata tv locale, che si chiama TeleSassuolo. Bum!, feci io, figurati se Renatino, come Vallanzasca, si fa vedere in un contesto tanto infimo. Invece un lunedì Arnoux arriva, fa spettacolo con me, è simpaticissimo nel suo italiano maccheronico. Quell’anno faceva coppia con il connazionale Tambay, affettuosamente denonimato (da Renatino) ‘quel ciccione presuntuoso’. In coppia, sebbene nessuno lo ricordi, Vallanzasca e il Ciccione vinsero l’ultimo mondiale costruttori per la Ferrari, correva l’anno 1983 e fino al 1999 di Schumi-Irvine-Salo non ci sarebbe stata trippa per i gatti. E poi. Poi, dopo un 1984 così così, con Alboreto al fianco, su Renatino iniziano a circolare voci pericolose. Niente di ufficiale, ma il tam-tam della periferia batteva messaggi non proprio esaltanti. Fin quando, siamo a inizio 1985, come ho già raccontato un pomeriggio in redazione arriva un secco comunicato del Vecchio. Dopo appena un Gp, licenziamento in tronco di Vallanzasca, cioè di Renatino. Sostituzione immediata con il pallido pippone Johansson. Che ho fatto? Ho indagato. Prove sicure su quanto captato qua e là, zero assoluto. In compenso, una certezza: Arnoux, che dopo tornò anche a gareggiare in F1 ma a un livello minore e senza successo, non protestò mai per il trattamento ricevuto. Non polemizzò. Incassò l’esonero, con annessa liquidazione, guardandosi bene dal profferire verbo. Di solito, in circostanze analoghe, il pilota appiedato fa un casino d’inferno, convoca i giornalisti, contesta, strilla, ulula. Renatino, muto. Come mai? C’entrava forse una Ferrari misteriosamente rubata (non da Arnoux, sia chiaro) in una località del Nord Italia? Perché i Carabinieri all’epoca chiesero un incontro riservato con il Grande Vecchio di Maranello? In breve: chi aveva incastrato Renatino, che contrariamente a Vallanzasca era una persona perbene? Sulla base di informazioni in mio possesso, ho avuto l’impressione che Arnoux sia stato vittima della sua ingenuità, una ingenuità che lo portava ad essere generoso pure nei confronti di persone che tale generosità non avrebbero meritato. Peccato, perché il pilota aveva qualcosa di ruspante e l’uomo era, come accennato, il simbolo di un’epoca che si andava esaurendo, l’epoca romantica. Per dire, il modo in cui Renatino ignorò gli ordini di scuderia in Renault, infischiandosene dei diritti del capitano Prost, fu qualcosa di irresistibile. Barrichello o Irvine, per capirci, non hanno mai osato nulla del genere!
che bellepagine di storia della F1 ricordo ancora le magliette FREE GACHOT che giraano nel paddock del crcuito di SPA nel 1991 e anche la vignetta sull'annuario di AUTOSPRINT dove c'erano appunto tutti con la magglia bianca FREE GACHOT...e SCHUMI con THANK YOU GACHOT /emoticons/biggrin@2x.png 2x" width="20" height="20" /> eheheheh
peccato che non sia citato il commento "guidare questa FERRARI è come guidare un TIR" che fece un pluricampione del mondo....